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domenica 3 agosto 2008

Aids, in calo i morti nel mondo.

Rapporto dell'organizzazione mondiale della sanità. Per il secondo anno consecutivo dopo venti di crescita. Ma in Italia aumentano i sieropositivi.
(Luigi Ripamonti - Il Corriere della Sera) Il numero dei morti per Aids è in calo nel mondo per il secondo anno consecutivo, dopo essere salito per oltre vent'anni. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto di un'agenzia dell'Onu. L'Aids è ben lontano dall'essere sconfitto, ma i dati sono positivi, con un numero crescente di malati che assumono farmaci in grado di allungare le aspettative di vita e il numero di nuove infezioni che in molti Paesi è in diminuzione, spiega il rapporto di Unaids. Funzionari dell'agenzia che ha sede a Ginevra e attivisti esterni dicono che comunque molto resta da fare per sconfiggere la malattia. Secondo il dottor Paul Zeitz, direttore esecutivo di Global Aids Alliance con sede a Washington, il rapporto mostra che la forte crescita degli investimenti in programmi di prevenzione e cura nell'Africa subsahariana e altrove hanno prodotto risultati. «E' ora di aumentare al massimo i finanziamenti... Siamo sulla strada per la vittoria. Investiamo di più», ha detto Zeitz. Nel 2007 i morti da Aids sono stati circa 2 milioni nel mondo, in calo rispetto ai 2,1 milioni dell'anno precedente, secondo i dati di Unaids. Il record negativo si era registrato nel 2005, con 2,2 milioni di vittime, dopo un aumento costante da quando la malattia fu scoperta, nei primi anni Ottanta.

MAGGIOR ACCESSO AI FARMACI - «Quando si parla di dati globali dobbiamo tener conto che si tratta di stime. Nessuno conta quanti sono effettivamente i morti» spiega il professor Gianni Rezza, direttore del reparto di epidemiologia di malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, di Roma. «Le stime vengono elaborate in base a dati forniti dai singoli Paesi, che non sempre sono accurati. Tuttavia il trend segnalato dall'Unaids è plausibile perchè negli ultimi anni è aumentato l'accesso globale ai farmaci antiretrovirali, che è ormai quasi universale nei paesi occidentali e comincia a migliorare decisamente in Paesi in via di sviluppo. Rimane ancora basso in diversi Paesi africani, dove però ci sono segnali di miglioramento anche grazie agli investimenti fatti col Global Fund deciso dal G8»

AUMENTA IL SERBATOIO - «Va però sottolineato che il successo delle cure non riduce il rischio di infettività generale perchè la maggior sopravvivenza comporta anche una maggior circolazione di persone che hanno il virus, anche se questo dato è in parte bilanciato dal fatto che le persone in terapia hanno cariche virali più basse e quindi il rischio di infezione per singolo rapporto è un po' ridotto».

I SIEROPOSITIVI IN ITALIA - In Italia come sta mutando il quadro epidemiologico? «Nel nostro Paese stimiamo che ci siano circa 120 sieropositivi, di cui 60 mila sono in terapia, un'altra quota è nota ma non ancora in terapia e una terza fetta, presumibilmente di circa 40mila persone, è sieropositiva e non sa di esserlo, e infatti aumenta sempre di più la quota dei "late-test" cioè delle persone che arrivano tardi al test e accedono alla cura quando la malattia è già conclamata».

CATEGORIE A RISCHIO - «Quanto ai cambiamenti nelle categorie di trasmissione va segnalato che ormai l'infezione è per gran parte veicolata dai contatti sessuali, sia etero che omosessuali, e sempre meno dai tossicodipendenti. La maggior quota di nuove infezioni si registra fra i maschi eterosessuali e fra gli stranieri, che contano ormai per il 20-30% delle nuove infezioni in diverse regioni»

PROSTITUTE - Ultimamente si riparla spesso di regolamentazione della prostituzione, anche in relazione ai rischi per la salute, ci sono differenze di prevalenza del virus Hiv in questa popolazione? «Quella delle prostitute è una categoria difficile da studiare. Con una certa approssimazione si può dire che le prostitute africane hanno un rischio di sieroposività più alto perchè i loro Paesi di provenienza hanno una prevalenza del virus maggiore. Alta la diffusione anche fra i transessuali mentre fra le prostitue dell'est è minore la diffusione dell'Hv ma più alta quella di altre malattie, come la sifilide. Però, ripeto, si tratta di stime».

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