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lunedì 28 luglio 2008

Negato affido condiviso a padre omofobo, Arcigay esulta.

"Tribunale Minori Catanzaro rende giustizia a nostra dignità".
(Apcom) Il Tribunale dei Minori di Catanzaro, con sentenza del 27 maggio 2008, pubblicata in questi giorni, ha negato ad un padre l'affido condiviso del figlio, in quanto ritenuto immaturo e pervaso da sentimenti discriminatori e di forte pregiudizio nei confronti delle persone omosessuali. Lo rende noto Aurelio Mancuso, presidente dell'Arcigay, spiegando che "la sentenza di Catanzaro si ascrive ad una dottrina giurisprudenziale italiana che sta letteralmente rendendo giustizia alla dignità delle persone omosessuali: dichiarare che è diseducativo per i bambini che i genitori possano trasmettere disvalori come l'omofobia e la discriminazione, si prefigura come una ennesima supplenza rispetto alla politica che in questo paese è colpevolmente assente".

Nella sentenza del Tribunale dei Minori si legge che "quanto alla seconda categoria di soggetti banditi ('le persone omosessuali') la dichiarazione non può che destare serie preoccupazioni poiché reca con sé una forte valenza discriminatoria ed offensiva. Trattasi, sicuramente, di una condotta che dovrebbe essere estranea al genitore, il quale deve educare il figlio verso la tolleranza, la cultura della diversità e l'avversione verso ogni forma di odio razziale, motivo di censura non solo nelle sedi civili ma anche penali. Proprio di recente, peraltro, la giurisprudenza di merito, dinnanzi ad atteggiamenti del genere, da parte di uno dei genitori, ha 'bocciato' l'affido condiviso. Il Tribunale di Napoli, con provvedimento del 28 giugno 2006, in particolare, ha confermato l'affidamento in via esclusiva di un minore alla moglie, a fronte della radicale, quanto ingiustificata negazione della idoneità genitoriale di quest'ultima da parte del marito, il quale l'aveva infondatamente accusata di aver avuto rapporti omosessuali, con atteggiamento fortemente diseducativo per il minore. Meraviglia, invero, che la relazione dei servizi sociali non abbia tenuto conto dei diversi indici sin qui segnalati - conclude il Tribunale - oltre ai fatti storici pacifici agli atti, rivelandosi essere, così, un documento da cui dover prendere le distanze".

Per Mancuso "la sentenza interviene su tre livelli in modo formidabile: quello dello sganciamento da equiparazioni inaccettabili tra omosessualità, ricostruita come assolutamente normale, e comportamenti invece irregolari(tossicodipendenze); quello del ruolo della famiglia rispetto all'impegno, verso i figli, ad un'educazione improntata all'affermazione della dignità delle persone e dei loro orientamenti sessuali; e quello del ruolo dei servizi sociali nel garantire, nei differenti contesti sociali, il rispetto della realizzazione identitaria delle persone e che nel caso specifico - conclude Mancuso - viene meno per inadeguatezza dei servizi sociali coinvolti".

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