Ecco l'intervento più che condivisibile a parer nostro, di Giovanni Dall'Orto a margine del Bolognapride 2008.
Sullo scontro fisico che, leggo dai giornali, avrebbe coinvolto Graziella Bertozzo ed Elena Biagini di "Facciamo Breccia" al recente Pride nazionale di Bologna non sono in grado di dare un giudizio di merito, dato che non ero presente in quell'istante, e dato che le versioni fornite dai perpetratori e dalle vittime dell'aggressione sono del tutto inconciliabili. C'è una denuncia, vedremo come finirà.Nell'attesa, però, gli elementi sono sufficienti per dare un giudizio di metodo sull'accaduto, almeno per chi come me ha fatto da molti anni una scelta nonviolenta.
Quest'anno il Mieli ha convocato il suo Pride romano prima di quello nazionale, per fregare attenzione mediatica e partecipanti a quello nazionale, ed in parte devo dire che c'è riuscito. Da qui a prevedere un'escalation di rappresaglie e contro-rappresaglie il passo è breve.È chiaro però che su questa strada andiamo daccapo allo scontro frontale fra gruppi, e ai Pride separati, come abbiamo già sperimentato in passato con risultati semplicemente disastrosi per entrambi i litiganti.
Né il Mieli, né Di'Gay project, né Arcigay né tanto meno "Facciamo Breccia" (che su questo Pride ha sputato fino al giorno prima, salvo poi "esigere" diritto di tribuna, dopo aver rifiutato di aderire alla piattaforma politica: misteri della psiche umana!) vogliono la costituzione di un comitato per il Pride nazionale con reali poteri decisionali, dato che ognuno di loro "vuole tutto".
Ma o iniziamo subito a parlarne o andiamo allo scontro. Che mi permetto di suggerire che non interessi a nessuno, anche perché ogni gruppo ha i suoi altarini da proteggere, e se viene meno la "pace armata" da "cane non mangia cane" osservata negli ultimi anni, ognuno dei contendenti è molto ma molto vulnerabile...
Non è una minaccia: è una considerazione e un avviso. Se il movimento lgbt ha ottenuto tanto poco in questi anni è stato anche (non "solo", ho detto "anche") perché i gruppi più forti (Mario Mieli, Arcigay Cassero, Arcigay nazionale, Di'Gay project, Arcigay CIG Milano) sono tutti ormai delle semplici holding commerciali che hanno troppo da perdere da uno scontro con le istituzioni. Dunque mantengono sempre, "a prescindere", un basso profilo.
Il tempo in cui i gay "non avevano nulla da perdere se non le proprie catene" per questi gruppi è finito da un pezzo, ma purtroppo sono proprio loro, grazie alla loro ricchezza economica, a dare il "la" al dibattito... continua
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