banda http://blografando.splinder.com

martedì 29 aprile 2008

La mossa del Cavaliere: federalismo sì, purché sia solidale.

In una foto d'archivio, la manifestazione della Lega contro le tasse
(Roberto Seghetti - Panorama) Tenete a mente l’aggettivo solidale. È attorno alla traduzione pratica di questa parola che si svolgerà il confronto sul federalismo fiscale tra Nord e Sud, tra regioni ricche e povere, tra buoni amministratori e governatori con bilanci pieni di buchi. A pronunciarla è stato il vincitore delle elezioni, Silvio Berlusconi: “Sarà un federalismo solidale” ha assicurato il prossimo presidente del Consiglio, cercando di evitare che il dibattito sulla riforma si trasformasse subito in uno scontro.

In effetti la partita del federalismo rischia di essere complicata per ragioni tecniche e per motivi politici. Daniele Molgora, ex sottosegretario del governo Berlusconi, ha già chiarito per esempio le intenzioni della Lega: “Per noi il punto di partenza è il progetto approvato dalla Regione Lombardia il 19 giugno 2007, con l’80 per cento del gettito Iva e il 15 per cento dell’Irpef che devono restare sul territorio”. Ma finirà proprio così?
Intanto, per capire l’importanza della posta in gioco, bisogna prendere le mosse dal meccanismo in vigore. Per i comuni la principale fonte di entrata diretta è rappresentata dall’Ici (vedere la tabella in basso con i dati 2007). Si tratta di circa 10 miliardi di euro l’anno. Con le addizionali Irpef, incassate dallo Stato e poi girate ai comuni, le amministrazioni locali ottengono altri 2,2 miliardi.
Per le regioni il meccanismo è più complicato. L’addizionale regionale Irpef vale 7,3 miliardi di euro (incassati centralmente e poi girati ai governatori). L’addizionale sui prodotti petroliferi vale altri 3 o 4 miliardi. Il bollo auto procura direttamente oltre 5 miliardi l’anno alle regioni a statuto ordinario. Ma le poste più importanti sono altre due.
La prima è l’Irap, che vale 40,9 miliardi di euro l’anno, destinati alle regioni per coprire la spesa sanitaria. La seconda è la compartecipazione all’Iva. Funziona così. A consuntivo, anche in base al patto di stabilità interno tra governo, regioni e comuni, le risorse finanziarie che mancano per sostenere la sanità vengono girate dallo Stato alle regioni sotto forma di compartecipazione al gettito dell’Iva. Grosso modo si tratta di oltre 50 miliardi l’anno.
Il meccanismo della perequazione, cioè della solidarietà, entra in gioco nella spartizione tra le regioni di quest’ultima somma. Nessuna regione può avere meno del 90 per cento della media nazionale. In tal modo le amministrazioni più povere, o con i bilanci meno efficienti, grazie alle risorse cedute dalle regioni più ricche possono garantire servizi in teoria analoghi a quelli offerti in altre aree del Paese.
Ed è qui il punto dolente per ogni ipotesi di riforma. La commissione di studio presieduta da Giuseppe Vitaletti, che ha consegnato nel 2003 una corposa relazione, dovette affrontare la resistenza delle amministrazioni del Mezzogiorno sul tema della solidarietà. Durante il governo Prodi, Linda Lanzillotta, Tommaso Padoa-Schioppa e Vincenzo Visco, oltre al tecnico che ha seguito da vicino la riforma, Giuseppe Pisauro, rettore della Scuola Vanoni, hanno dovuto affrontare innumerevoli confronti con regioni e comuni sulla questione della perequazione. E anche adesso è sempre il tema della solidarietà a costituire il punto più delicato, come provano le reazioni alla proposta della Lombardia.
In sintesi, l’ipotesi lombarda prevede di lasciare sul territorio l’80 per cento dell’Iva, cioè 96 miliardi di euro l’anno, secondo i dati 2007, e il 15 per cento dell’Irpef, cioè altri 23 miliardi di euro. Non solo, riprendendo una ipotesi della commissione Vitaletti, Milano propone di lasciare alle regioni gli incassi delle imposte sui tabacchi e i proventi dei giochi, cioè altri 17 miliardi di euro l’anno.
Quanto alla solidarietà, la cosiddetta perequazione verrebbe garantita da un fondo alimentato dalle regioni più ricche, ma con somme inferiori a quelle previste oggi. E il compito di verificare come funziona il meccanismo verrebbe affidato a un organo tecnico composto solo dai rappresentanti delle regioni che mettono i denari. Le reazioni sono arrivate subito. “È importante l’affermazione di Berlusconi che il federalismo debba essere solidale. Interpreto questa frase come il superamento della provocazione di Umberto Bossi secondo il quale la Lombardia avrebbe trattenuto l’80 per cento dell’Iva” ha detto Linda Lanzillotta. “Per rendere solidale il federalismo va invece destinata al fondo perequativo previsto dalla Costituzione una quota delle imposte prelevate sul territorio certamente più alta del 20 per cento previsto da Bossi e tale da garantire la copertura dei livelli essenziali delle prestazioni”.
Il problema è chiaro e si può leggere anche dal punto di vista della pressione fiscale. La commissione Vitaletti voleva, tra le altre cose, potenziare la compartecipazione di regioni e comuni in diverse entrate statali, offrendo alle regioni più ricche la possibilità di lasciare a zero eventuali addizionali. Il centrosinistra vuole che governo e regioni concordino le somme da spendere per sanità e trasporti, per farne scaturire la quantità complessiva di risorse fiscali da destinare strutturalmente e direttamente a regioni e comuni, ma con un meccanismo forte di solidarietà. In questo contesto gli amministratori possono offrire più servizi, ma assumendo su di sé la responsabilità di trovare le risorse con un aumento della pressione fiscale locale.
La Lega e una parte del Pdl, soprattutto al Nord, puntano a offrire più servizi nelle regioni dove si incassano più imposte o dove il bilancio è sano, ma senza aumentare la pressione fiscale locale. Essi prevedono anche un meccanismo di solidarietà, secondo la Costituzione, ma più attenuato dell’attuale, controllato e tale da costringere le regioni meno ricche o che resistono al rigore a stringere la cinghia.
Come finirà? Una cosa è certa. La complessità della materia, le somme in gioco e il peso dei rapporti tra Nord e Sud indicano che il cammino per arrivare a una soluzione non sarà facile.

COME SONO FINANZIATI IN EUROPA GLI ENTI LOCALI
Austria
Su 100 euro di finanziamenti, 70 provengono da entrate dovute a tributi condivisi e compartecipati con lo stato (che incassa), 20 provengono da entrate proprie delle regioni (in particolare le imposte sugli immobili), 10 da altre fonti.
Belgio
Su 100 euro di finanziamenti, 90 provengono da contributi condivisi e partecipati. Il governo centrale incassa tutte le entrate. È previsto un fondo di perequazione e solidarietà. Altri 10 euro provengono dalle tariffe.
Germania
Su 100 euro di finanziamento, 85 provengono da entrate condivise o partecipate tra regioni e stato federale. Poche sono invece le tasse incassate direttamente dai 16 Länder (imposte locali sulle attività produttive e sulla proprietà). Altri 15 euro provengono da altre fonti.
Spagna
Su 100 euro di finanziamento, 50 provengono da entrate tributarie proprie delle regioni (dal 2002 fissano l’imposizione sui redditi personali). Altri 50 derivano da entrate incassate dallo stato (Iva, accise) e girate poi in parte alle regioni.

Sphere: Related Content

Nessun commento: