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giovedì 27 marzo 2008

L'organizzazione del Gaypride bolognese attacca Il Cardinale Caffarra: "Si faccia i fatti suoi!".

La Curia replica: su questi temi il nostro pensiero è noto. Lo Giudice: "Via Altabella non è un obiettivo, chiediamo una legge sui Dico".

(Micol Lavinia Lundari - La Repubblica, edizione di Bologna) Mancano ancora tre mesi alla data del 28 giugno, quando a Bologna tornerà dopo tredici anni il Gay Pride, ma è già polemica. Con un attacco al cardinale Carlo Caffarra gli organizzatori provocano un terremoto politico. Imbarazzo nella giunta Cofferati, anche perché l´assessore all´Istruzione Milli Virgilio ieri era presente alla conferenza stampa nella quale Marcella Di Folco del Mit - movimento identità transessuali - ha avuto parole durissime contro la Curia: «Il cardinal Caffarra? Che si faccia i fatti suoi. Non ha il diritto di dire che il suo è un amore di serie A e il nostro uno di serie B». Via Altabella fa sapere che su questi temi «la dottrina della chiesa è nota», ma non aggiunge altro per non dare ulteriore risalto alla vicenda. La Di Folco è a capo del comitato organizzativo della sfilata di lesbiche, gay, bisessuali e trans che attraverserà Bologna e promette di portare in città almeno 30mila persone. Seduto allo stesso tavolo anche Sergio Lo Giudice, consigliere comunale del Pd e presidente onorario dell´Arcigay, che qualche ora dopo dichiarerà, a proposito delle critiche al cardinale, «di non ricordare quella frase, e comunque non si trattava di un attacco, ma di una risposta alla provocazione di una cronista. Non è certo la Curia l´obiettivo primario della festa del 28 giugno, ma le istituzioni della Repubblica che hanno il compito di legiferare. Il mio scopo è quello di ottenere riforme su un piano giuridico, normativo e di lotta ai pregiudizi sociali».

«Ribadirò a Caffarra quello che indirizzai a Biffi tredici anni fa, perché nulla è cambiato» insiste invece Marcella Di Folco che ironizza sull´atteggiamento della Chiesa rispetto alla diversità sessuale, tirando in mezzo anche monsignor Ernesto Vecchi: «Ha detto bene, (i preti, ndr) non sono omofobi visto che tra loro si vogliono bene». A smorzare i toni, parlando della manifestazione più che dei messaggi, diretti o trasversali, che verranno lanciati, ci prova Lo Giudice (nella foto), che è anche presidente della commissione per i diritti di gay e lesbiche del ministero delle Pari opportunità. «Questo appuntamento vuole essere un momento di rottura degli schemi in sé, la provocazione si limita a questo. Vuole essere un´occasione di visibilità festosa per persone che storicamente sono rimaste invisibili. Né muri imbrattati, né degrado, né sporcizia. E i partecipanti del Pride non sono soltanto quegli individui vestiti di piume e pailettes che finiscono sempre sui media: loro costituiscono solo una piccola parte del nostro movimento, che è fatto di persone comuni e molto diverse fra loro». Sono trentacinque le organizzazioni che hanno stilato il programma del Pride 2008. Si tratta di una battaglia fra il politico e il civile, insiste Lo Giudice, «che vuole riaffermare con orgoglio la laicità dello Stato, la pari dignità e i pari diritti civili e sociali di tutte e di tutti». Una battaglia combattuta sul campo di Bologna, città che «per anni fu un nostro punto di riferimento» e che ora, come ha affermato Di Folco, «oggi si confronta duramente con una Curia e con forze di destra e di centrodestra che per affermare la propria identità contrastano i movimenti, primo fra tutti quello Lgbt».

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