«Condotta immorale», il parlamentare si dimette. Pubblico «mea culpa» di Jeppe Kofod, stella dei socialdemocratici.
(Maria Serena Natale - Il Corriere della Sera) «Ho dato prova di scarso giudizio ». Stringe i denti. «Ho tenuto una condotta moralmente inappropriata». Serra i pugni. «Sono il solo responsabile dell'accaduto». China il capo. «Mi dispiace profondamente». Mr. Gentleman se ne va. È la caduta in diretta del più amato (e lanciato) dei socialdemocratici danesi.
Colletto sbottonato e occhi tristi dietro le lenti da primo della classe, Jeppe Kofod si dimette dalla carica di vice presidente della Commissione Affari Esteri del partito per aver avuto rapporti sessuali con una ragazzina di quindici anni. «Venerdì scorso ero stato invitato a parlare nel corso di una riunione dei giovani socialdemocratici e durante la festa ho intrattenuto una relazione moralmente inappropriata», ha ammesso appena quattro giorni dopo il deputato di Copenhagen, 34 anni, studi ad Harvard, single. Passione e redenzione nella liberal-protestante Danimarca, dove la legge garantisce il diritto di avere relazioni sessuali dai quindici anni in poi (se la ragazza era consenziente Kofod non rischia alcun procedimento giudiziario) ma covano conflitti non risolti, recepiti e spesso amplificati nei riti della politica. «Il partito ha deciso di far cadere la testa di uno dei suoi personaggi di più alto profilo per evitare un scandalo di proporzioni ancora maggiori — spiega al Corriere Pjanre Steenseeck, editorialista del Berlingske Tidende, il più antico quotidiano nazionale —. In questi anni "Mr. Gentleman" Kofod si è conquistato la stima di colleghi ed elettori lavorando sodo e tenendo una condotta esemplare. La reazione collettiva all'episodio è stata di una violenza inaudita. Ieri i giornali gridavano allo scandalo, ma il tema che da domani tutti dovremo affrontare, è la pervasività di un puritanesimo del tutto scollegato dalla modernità. Non è stata violata la legge, ma il paradossale codice morale dei danesi, tra i primi negli anni Settanta a legalizzare la pornografia, chiama vendetta».
È la condanna della Danimarca che medita sull'oscura forza del peccato con i film di Lars von Trier e del più giovane Per Fly (la cui ultima opera, Gli innocenti, indaga proprio il senso di colpa e la fragilità di qualsiasi leadership morale attraverso la storia d'amore tra un professore di Scienze sociali e un'ex studentessa), ma che sa anche dubitare di se stessa. Il Paese che va fiero del proprio Welfare e di livelli di disoccupazione tra i più bassi d'Europa, convinto di un euroscetticismo tenace che continua a preferire la corona all'euro e nel 2005 ha portato alla bocciatura referendaria della Costituzione Ue.
Nel 2001 i danesi hanno posto fine a cinquant'anni di pressoché ininterrotto governo socialdemocratico e si sono affidati ai liberali di Anders Fogh Rasmussen («il primo ministro più bello d'Europa — scherzò nel 2002 l'allora premier Silvio Berlusconi —, anche più bello di Cacciari. Penso di presentarlo a mia moglie...»); per confermare, con il terzo mandato consecutivo decretato dalla vittoria alle elezioni dello scorso 13 novembre, la fiducia alla sua coalizione liberal-conservatrice rafforzata dall'appoggio esterno dell'estrema destra. Dopo aver visto montare la ferocia dello scontro inter-religioso per la pubblicazione delle vignette sul Profeta Maometto, riedite in febbraio in seguito all'arresto di tre estremisti che pianificavano un attentato al disegnatore Kurt Westergaard, il regno di Margherita II sembra sull'orlo di una crisi di nervi.
Jeppe Kofod ha già ceduto. Tornerà, prevedono gli analisti; non subito, ma tornerà. Nessuna dichiarazione, finora, dai socialdemocratici, qualche pacata apertura dalla maggioranza, disposta a considerare l'eccessiva durezza della pena. Alla France Presse il portavoce personale ha dichiarato: «Kofod sta riflettendo sul suo avvenire politico».Sphere: Related Content
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