(Tulife) Si chiama anche vigoressia o ancora reversal anoressia, speculare a quella femminile. E’ l’anoressia maschile, in agguato nell’età a rischio, tra i 12 e i 25 anni, periodo della formazione dei futuri uomini e donne. Non a caso si parla di patologia della famiglia, bersagliata com’è oggi dalle difficoltà della vita e dai messaggi contraddittori delle mode: librarie e televisive (diete e ricette di cucina…), stilistiche (fantasie dell’appeal, sex o non sex, fino a confondere i generi uomo/donna…), salutiste (magri e forti a ogni costo…) il rischio è quello di incorrere in un disturbo del comportamento alimentare, DCA , di cui l’anoressia fa parte.
Difficili statistiche.
Un disturbo che tuttavia nell’ultimo secolo non sembra essere aumentato stando a quanto afferma lo psicoterapeuta Roberto Ostuzzi, presidente dell’ANSISA, Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione e autore, per Baldini e Castoldi, del libro “Figlie in lotta con il cibo” e del più recente “Un boccone dopo l’altro”. “Quello che è cambiato”, dice Ostuzzi, “è la tipologia dell’anoressia, che da mistica nel ‘700 è diventata ai nostri giorni più legata ai mutamenti socioculturali dovuti a importanti cambiamenti nell’organizzazione sociale e familiare”.
Non si contano tuttavia i pazienti anoressici, che nella sua forma al maschile oggi si confondono sempre più tra la normalità, sfuggendo ogni statistica. Ragazzi che scambiano il contenitore (il corpo) con il contenuto (le emozioni) con comportamenti molto spesso tollerati e compatibili con la vita “normale”.
Sì, perché, come spiega Ostuzzi, i ragazzi non sviluppano soltanto l’anoressia restrittiva tipica delle ragazze, che fa dimagrire fino al rischio della vita stessa. Gli ossessionati dalla forma del corpo, sono palestrati, che vogliono eliminare ogni filo di grasso ma anche corazzarsi di muscoli dietro i quali nascondere insicurezze, forgiando ex novo la propria immagine più d’impatto.
È proprio l’esiguità dei casi trattati che fanno dell’anoressia un fenomeno ancora poco studiato, considerato che in Italia viene curato in appositi centri specialistici solo dagli anni ‘80. La percentuale di casi è in un rapporto di circa 1 a 10 maschi/femmine, con una prevalenza dello 0,3-0,5% nelle donne in età a rischio, che significa 3-5 femmine contro un maschio ogni mille. L’incidenza invece è di circa venti ragazze/due ragazzi ogni centomila abitanti. La cura è la stessa, ma perché un ragazzo si ammala di una patologia tipicamente femminile?
Gli interrogativi si moltiplicano, come pure le ricerche sui fattori di natura neuroendrocrina e metabolica, che possono accompagnare, in determinate condizioni ambientali, questo deficit nella struttura di identità di sé. Molto spesso è in gioco la ricerca di definire la propria identità di genere, di attitudine, di inclinazione sessuale. Senza essere gay, sono ragazzi che possono avere delle incertezze, magari perché sono più magri e fragili o meno decisi dei coetanei. Inoltre, a differenza del corpo delle ragazze, biologicamente stimolo per la sessualità maschile, il corpo e l’identità maschile vanno al di là dell’aspetto puramente sessuale e puntano sulla sicurezza legata all’efficienza.
Fissati con la palestra.
La donna anoressica deve essere magra, l’uomo muscoloso. Per una forma di fobia delle forme praticano esercizio compulsivo, cioè tantissima ginnastica e hanno eccessive preoccupazioni per la dieta perché vogliono essere magri, e avere tutti i muscoli scolpiti. Sono disposti anche all’abuso di sostanze anabolizzanti.
A Villa Margherita a Vicenza, una casa di cura convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale, che fa parte della rete assistenziale dei disturbi alimentari del Veneto, il 70% dei pazienti provengono da fuori Regione: su 120 ricoverati 6 sono uomini, circa il 4%. Cosa si cura e come nell’anoressia? “La cura individuale è rimetterli in contatto con il loro stato emotivo interno e verbalizzarlo. Si cura un disagio multifattoriale, con molte cause che si intersecano in maniera diversa nei singoli casi, ma sempre con una forte, ossessiva concentrazione sul cibo quale strumento per modificare il corpo nel tentativo di mettere a tacere il proprio dolore interno attraverso il controllo del guscio. Una ricerca di sicurezza effimera che renda più sopportabili le insicurezze interiori. In terapia familiare, in presenza di madre, padre, fratelli si discute insieme delle difficoltà, per capire quali possono essere i limiti o i cambiamenti da adottare per modificare una situazione che si è resa difficile”.
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