Esiste in Inghilterra la Gay police association, che si occupa di ricevere segnalazioni da parte degli “officer” vittime di discriminazione per trovare soluzioni attribuendo responsabilità e punendo chi sbaglia.
Pensate che la linea telefonica dedicata nello scorso anno ha ricevuto 350 chiamate, 100 in più dell’anno precedente. Ovviamente i dati reali sono più sconcertanti: sono stati contati 7 mila incidenti di questo genere. Il sommerso di casi non segnalati è spaventoso ma prevedibile.
Ci sono poliziotti che si rifiutano di lavorare con colleghi gay in nome della propria religione, perchè così secondo loro direbbe la Bibbia. Mentre le dirigenze negano il fenomeno, i poliziotti omofobi continuano a sostenere la propria causa in nome di una libertà di religione che si deve scontrare necessariamente con i colleghi omosessuali. Il perchè, lo sanno solo loro.
So di per certo che molti ambienti di lavoro vivono in maniera estremamente serena il fatto che uno o più colleghi siano omosessuali. Molti altri semplicemente non lo dicono, per evitare problemi.
Nel lavoro come nella vita non bisogna recitare: non bisogna scriverlo sui muri, o su una maglietta, ma nemmeno comportarsi da etero che parla di tette e calcio (posto che ad alcuni piacciono comunque entrambe) per non farsi “beccare”.
Nelle relazioni personali tra colleghi è fondamentale essere liberi di poter dire ciò che si pensa. Se questo diventa un limite e si rischia dall’offesa al nonnismo fino alla violenza, è necessario intervenire. La polizia inglese dice di tutelare i poliziotti gay, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Via | BBC
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