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venerdì 21 settembre 2007

"Ho detto: sono gay mi hanno fatto sindaco"

(La Repubblica) Facevo sempre un figurone, quando a scuola invitavo amiche e amici a un party a casa mia, e spiegavo che non avremmo avuto i genitori ossessivamente alle calcagna. Ricordo una volta, quando con luci soffuse suonò il motivo "Nights in white satin" dei Moody blues. Tutti noi, anche il più abbottonato figlio di un giurista, ci lasciammo andare alle emozioni. Io compreso, con Sabine, la mia cara amica di allora, accanto. Facemmo petting e ci coccolavamo insieme fino a farci girare la testa, eravamo una leggenda.
Quando eravamo studenti, le nostre notti tra amici nei club di Berlino erano eccitanti, ma cominciai allora a sentire che il mio istinto batteva con battiti del cuore delle emozioni un po´diversi. Certo, mi piacevano le ragazze, eppure cominciai pian piano a percepire di sentirmi piuttosto attratto dagli uomini. Nel clima ultraliberale della nostra gioventù studentesca, identificarmi con questo mio particolare aspetto nella ricerca della felicità non mi creò alcun problema, ma fu una tendenza, un´emozione, che preferivo tenere per me. Avevo esperienze con le donne, ma mi lasciavano confuso e irritato. Tra i genitori della scuola superiore, le madri mi consideravano un partito ideale per le loro figlie. Ciò mi lusingava. Dicevano di me che preferivo le bionde, il che non era nemmeno falso. Il gusto del flirt come gioco era ancora decisivo, e mi divertivo molto. Ebbi anche due lunghe relazioni con due ragazze. Furono rapporti di partnership davvero buoni, ma alla fine mi sentii costretto a confessare a me stesso che mi nascondevo qualcosa.
Poi, una sera, Joern entrò nella mia vita. Ricordo ancora: il luogo del nostro primo incontro fu il "Bar Centrale" sulla Yorckstrasse a Berlino. Era il 29 marzo 1993. Certo, io, socialdemocratico, se avessi saputo quella sera che lui era apparentato con Wolfgang Kubicki, leader del partito liberale nello Schleswig-Holstein, chissà. Forse mi sarei deciso altrimenti. Ma come che sia, fu fantastico.
A Lichtenrade, il quartiere di Berlino dov´ero cresciuto, avevo ancora la fama di donnaiolo. Ma non potevo rimuovere i miei sentimenti. Conoscevo tanti omosessuali che conducevano una tranquilla esistenza borghese, con regolare matrimonio, figli, villino monofamiliare e che, nascondendosi, soffrivano le pene dell´inferno. Joern mi costrinse a una chiara scelta. E fu bene così.
Pure, nella mia generazione non è poi così ovvio avere un rapporto senza tabù con l´omosessualità. Io ero attivo in politica, e la mia vita privata si poteva divenire bersaglio di sporche campagne diffamatorie. Molti, nella federazione berlinese del mio partito, la Spd, sapevano che io stavo insieme a Joern. Ai più il fatto non interessava proprio per nulla. Ma la questione si poneva chiaramente: se dovevo candidarmi a borgomastro di Berlino, e puntare a governare la città, avrei dovuto riflettere a fondo e prendere decisioni chiare. Quando si diventa vip, o persone pubbliche, l´interesse del pubblico si sveglia. Niente da fare, è così. Nascondere la propria vita privata in modo ossessivo non è possibile, non funziona. Guido Westerwelle (ndr: il leader del partito liberale, che anni dopo Wowereit si è deciso al suo outing come gay) ha provato a fare così per anni, invano. Facendo così ci si ripiega su se stessi, ci si riduce in situazioni strane e solitarie. Il tam-tam delle voci pubbliche pesa come un fardello grave. Mi decisi: dovevo affrontare il tema passando all´offensiva. A una riunione del gruppo parlamentare e della direzione regionale del partito, ne parlai per la prima volta: "Chi non lo sa ancora, deve saperlo", dissi. E spiegai ai compagni che c´era il pericolo che gli avversari politici strumentalizzassero la cosa. I compagni mi capirono, furono d´accordo.
Il mio outing creò un clima di esultanza, In cui i miei amici degli Schwusos (il movimento dei socialdemocratici omosessuali e lesbiche) non trovarono nulla di meglio da fare che strombazzare ai quattro venti la notizia. Ero pur sempre diventato il primo politico di rango che si era deciso all´outing. La rivista degli omosessuali Queer lanciò un comunicato stampa urgente. Tutto l´ambiente gay fu elettrizzato, entusiasta.
Molti berlinesi pensarono sicuramente: "Prima i corrotti conservatori, adesso gli omosessuali di sinistra, non è più normale". Da quel momento, mi fu chiaro che avevo passato il punto di non ritorno. E che avrei dovuto parlarne al congresso del mio partito. Volevo essere inattaccabile. Così, poco prima della fine del mio discorso, pronunciai quella piccola frase, che poi è diventata la frase più nota da me pronunciata in tutta la mia vita: Ich bin schwul, und das ist auch gut so, "Io sono omosessuale, e va anche bene così". Esplose un uragano, una tempesta che io non sarei nemmeno mai riuscito a dipingere nei miei sogni più selvaggi. Ero appena sceso dalla tribuna del congresso, e Sabine Christiansen, la più famosa anchorwoman della tv tedesca, mi telefonò per invitarmi al suo talkshow la sera stessa. Nessuna campagna di propaganda e promozione sarebbe mai riuscita a rendermi popolare così in fretta. La mia vita cambiò come quella di un calciatore che da una squadra regionale balza improvvisamente alla Champions League.
Oggi, Joern è il mio migliore amico. Sa come affrontare i miei umori mutevoli, e non appartiene al mondo della politica. Quando la sera torno a casa, parliamo di ben altre cose. Lui legge libri a valanga, libri che io ricevo in regalo, e mi consiglia quali leggere. Io mugugno sul suo modo di cucinare, lui sulla mia pancetta. La nostra vita insieme è la prova che una coppia è qualcosa di più di due individui soli. Dal 2005, viviamo insieme.
Lo chiamano ‘first lady di Berlino´. Ha qualcosa in comune con il professor Joachim Sauer, il marito della cancelliera Angela Merkel. Condivide con lui magari gli stessi noiosi doveri protocollari, dovrà accompagnarlo ai vertici nel ‘programma per le signore´, le visite turistiche delle mogli dei leader europei e mondiali, e loro due saranno i soli due uomini? Comunque, scherzi a parte, Joern è la mia àncora, il mio amico, il mio consigliere, la mia radice che mi tiene fisso saldo in terra. Dove c´è lui, io mi sento a casa.

(Copyright Bild e Karl Blessing Verlag)
Tratto dal libro "Und das ist gut so. Mein Leben fuer die Politik" (E va bene così. La mia vita per la politica)

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