I figli dello scrittore fanno dimettere il regista dal comitato per il centenario. Il documentario «La rabbia»: cancellata la parte dell'autore emiliano, è rimasta solo quella di Pasolini. Gli eredi irritati dalla frase del cineasta che ha curato il restauro: «Il testo di Guareschi era razzista. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo».
(Corriere della Sera - Giuseppina Manin) Esplode la nuova Rabbia. Quarantacinque anni dopo la prima versione del film documento sull'Italia vista «da destra» e «da sinistra » da due personaggi del mondo culturale che più lontani non si poteva, Pasolini e Guareschi, il comunista eretico e il cattolico conservatore, La rabbia, ricomposta dalla Cineteca di Bologna secondo il progetto originario che l'affidava solo a Pasolini, scatena le ire degli eredi Guareschi. Che, poche ore dopo la sua presentazione alla Mostra del Cinema, chiedono le dimissioni del presidente della Cineteca, il regista Giuseppe Bertolucci, dal Comitato per le celebrazioni del centenario della nascita di Giovannino Guareschi, di cui fanno parte, tra gli altri, Baricco, Zavoli, Ettore Mo, Gustavo Selva e Michele Serra. E Bertolucci, riconoscendo come legittima la richiesta, si dimette all'istante.
A spingere Alberto e Carlotta, figli dello scrittore emiliano ideatore della saga di Don Camillo e Peppone, non è stata solo la scelta di Bertolucci, nata da un'idea di Tatti Sanguineti, di restituire al film la sua fisionomia originaria ricostruendo tramite i materiali degli Archivi Pasolini ospitati nella Cineteca bolognese quella parte iniziale a cui lo scrittore friulano aveva dovuto rinunciare per far posto, su pressione del produttore, al controcanto di Guareschi. A irritarli ulteriormente sono state le dichiarazioni fatte da Bertolucci alla Gazzetta di Parma: «Guareschi è un autore che ha avuto i suoi meriti. Ma il suo testo in La rabbia è insostenibile, addirittura razzista. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo ». Opinioni che hanno fatto prendere la penna ai figli di Guareschi. In una lettera a Vincenzo Bernazzoli, presidente del Comitato, scrivono: «Lei capirà che non possiamo, pur rispettando l'opinione di Bertolucci, accettare che da un esponente del Comitato d'Onore per Guareschi escano affermazioni di questo tenore. Saremmo del parere che lei invitasse il maestro a rassegnare le proprie dimissioni».
Non ce n'è stato bisogno: «Ribadisco il mio giudizio fortemente critico rispetto a un testo che considero tra i meno felici di Guareschi — ha risposto Bertolucci —. Giudizio che riguarda solo un aspetto della sua opera. D'altro canto, consapevole che le mie affermazioni possano aver irritato Alberto e Carlotta, ritengo legittima la loro richiesta di mie dimissioni che rassegno nelle mani del presidente Bernazzoli, riaffermando il mio rispetto per un autore così significativo di una fase importante della nostra storia ».
Comunque, La rabbia secondo Pasolini, dal 5 settembre nei cinema, avrà un seguito da «par condicio». «Dopo la ricostruzione della versione originale di Pasolini sarà la volta di quella di Guareschi », annuncia Luciano Sovena, presidente del Luce. «Quella del '63 fu un'operazione mal riuscita, che aveva tentato di metter insieme due caratteri così incompatibili. Il risultato fu che ad entrambi i film venne amputato un pezzo. Completato il lavoro su Pasolini, abbiamo intenzione di fare la stessa cosa per ridare dignità dell'opera di Guareschi, recuperando quello che anche lì era stato eliminato».
I volti Giovannino Guareschi; a sinistra, don Camillo (Fernandel) e Peppone (Cervi); a destra, il regista Giuseppe Bertolucci
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