(Alberto Crespi - L'Unità. "Un giorno perfetto" di Ferzan Ozpetek ha aperto la serie dei registi nostrani in concorso. Bravi Valerio Mastandrea e Isabella Ferrari a interpretare una coppia separata con figli, ma è un melodramma con troppa carne al fuoco
Verso la metà di Un giorno perfetto, il film di Ferzan Ozpetek passato ieri a Venezia (primo italiano in concorso), Stefania Sandrelli - la mamma della protagonista - fa le carte a una vicina. «Vedo un uomo, un fidanzato… ce l'hai il fidanzato?». E quella risponde di sì, che ce l'ha, fa il ballerino, ma non la porta mai a ballare perché preferisce andarci con un suo amico che fa il camionista. La Sandrelli la scruta, perplessa, e mormora: «Ho capito… sì, ho capito». La scena durerà un minuto e mezzo, è estranea alla trama - che parla di tutt'altro, come fra poco vedremo - e sembra raccontare un altro film di Ozpetek, magari il prossimo, più vicino alle sue atmosfere consuete. Un giorno perfetto, invece, è una decisa virata rispetto all'Ozpetek delle Fate ignoranti e di Saturno contro, l'Ozpetek dell'Ostiense, del gasometro e delle cene fra amici, l'Ozpetek che se non mette Serra Yilmaz in un film si sente male (e infatti la mette pure qui, ma in un passaggio finale di circa 10 secondi).
Un giorno perfetto è una storia disperata, tratta da un romanzo di Melania Mazzucco che squaderna uno spaccato familiare dolorosissimo. Emma (Isabella Ferrari) e Antonio (Valerio Mastandrea) sono separati, hanno due figli. Lui fa il poliziotto, è di servizio come scorta ad un politico inquisito, passa le notti sotto casa della sua ex; lei è andata a vivere con la madre e i bambini, si arrabatta facendo tre lavori - tutti precari - e va in giro vestita in un modo di cui la figlia maggiore, ormai quasi signorina, si vergogna. Lui vorrebbe tornare con lei, lei lo teme perché l'uomo, apparentemente dolce, nasconde improvvisi scoppi di violenza. Il film si apre con il sospetto di una tragedia: la polizia arriva a casa di Antonio perché qualcuno, nella notte, ha sentito degli spari. Dopo la scritta «24 ore prima», viene narrato il «giorno perfetto» in cui Antonio insegue Emma, la implora di ripensarci, quasi la stupra sull'argine del Tevere e infine va a riprendersi i bambini che non vede da moltissimo tempo. Ci fermiamo qui: raccontarvi il finale sarebbe delittuoso.
Il nucleo drammatico del rapporto fra Emma e Antonio è denso e ben raccontato, anche grazie alla bravura dei due attori: spinti a lavorare su toni assai più cupi del solito, sia Valerio Mastandrea che Isabella Ferrari sfidano la propria immagine e la sconfiggono. I difetti del film stanno altrove: soprattutto nel coro di personaggi che circondano Emma e Antonio e che spesso si riducono a semplici bozzetti.
È come se Un giorno perfetto raccontasse un giorno con più di 24 ore, o contenesse altri film che per forza di cose rimangono solo abbozzati. Ozpetek, si sa, ha talento per il melodramma: e il mélo è un genere in cui si deve anche esagerare. Ma qui c'è troppa carne al fuoco, con l'ambizione di dire troppe cose sull'Italia di oggi. Valga, per tutte, la famiglia dell'onorevole: con una moglie morta suicida, un figlio che odia il padre e vuole fuggire in Spagna, una nuova moglie giovanissima (una velina?) che scopre di essere incinta e sembra accettare la corte del figliastro… Forse Un giorno perfetto doveva intitolarsi Molti giorni perfetti. Titolo impossibile, perché i giorni perfetti sono merce rara.
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