(Panorama) Barack Obama è il re dei democratici. Incoronato nella convention di Denver un giorno prima del previsto, il senatore dell’Illinois ha guadagnato in poco più di tre giorni il sostegno dei Clinton e l’unità dell’Asinello. Solo John McCain, che oggi annuncerà il nome del suo vice, potrà fermare la corsa del senatore dell’Illinois verso la Casa Bianca.
La notte di Denver sarà ricordata nella storia del partito democratico americano, che tra le lacrime di gioia dei fan di Obama e quelle, intrise di rabbia, dei riluttanti fan di Hillary Clinton, aveva un bisogno impellente di curare le ferite la passione politica indispensabile per conquistare la presidenza. Se n’è accorta la stessa Hillary, che dopo l’intervento incandescente di ieri, ha interrotto la votazione, pur simbolica, sul candidato che lei stessa aveva chiesto in precedenza. Quando è toccato a lei Hillary si è sostituita a Nancy Pelosi, presidente del Congresso e della Convention, e ha chiesto la rottura del protocollo: “Dichiariamo insieme, cun una voce sola, che Barack Obama è il nostro candidato e sarà il nostro presidente”.
È stata ovazione, più che acclamazione. Lacrime, abbracci, urla, tripudio per il primo candidato democratico afroamericano nella storia degli Stati Uniti, simbolo della globalizzazione, nato a Honolulu, da padre africano del Kenya e madre americana del Kansas, cresciuto tra l’Indonesia e le Hawaii. A dargli l’endorsement finale, anche se tardivo, è stato, a nomination conclusa, Bill Clinton: “Barack Obama è l’uomo giusto per questo lavoro”. È pronto per guidare l’America e restaurare la leadership americana. Barack Obama è pronto per fare il presidente degli Stati Uniti d’America”.
Come Obama, anche il vice presidente prescelto, Joe Biden, è stato nominato candidato ufficiale dei democratici per acclamazione. E se per Obama la richiesta di fermare la conta dei voti è partita direttamente da Hillary Clinton, per Biden è stata avanzata in modo piuttosto informale dalla Pelosi. “Se volete la nomina per acclamazione dite ‘hi’”, ha incalzato la Pelosi”. Nessun contrario, ovviamente. Presa la parola, da Biden è arrivato l’affondo per McCain, da veterano della politica a veterano dell’esercito: “La scelta in questa elezione è chiara. I tempi che stiamo vivendo richiedono qualcosa di più di un buon soldato, richiedono un saggio leader”. Biden è stato presentato da suo figlio Beau, che presto partirà soldato per l’Iraq.
Lui, re Obama, sale a sorpresa sul palco, mentre Biden conclude il suo discorso. “Hello democratici” ha esclamato “sono qua perché ho una piccola cosa da dire. Voglio che tutti sappiano che sono orgoglioso di avere Joe Biden e tutta la sua famiglia al mio fianco per riprenderci l’America”. Poi, ammiccando al pubblico come una star: “La convention fino a questo punto mi sembra che sia andata bene, Michelle Obama è stata molto brava, che ne dite?” E se “Hillary ha fatto traballare i muri ieri sera -ha proseguito- Clinton ci ha ricordato cosa succede quando alla guida c’è un presidente che mette la gente al primo posto”. Per i saluti, prima della consueta benedizione, è accorsa sul palco tutta la famiglia di Biden, rappresentata da quattro generazioni, dalla madre ai nipotini. Sulle note di We are family di Sister Sledge i riflettori si sono spenti in vista del gran finale di oggi allo stadio Invesco, da 80.000 posti. Nel giorno del 45 anniversario del I have a dream di Martin Luther King.
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