di Federica Pezzoli*
E' di oggi la notizia dell'ennesima aggressione ai danni di una persona transgender. La colpa, giustappunto, essere transgender - con l'aggravante della "clandestinità". La pena, nota a pochi - purtroppo. Espulsione, emarginazione, ostracismo, violenza, carcere - ma anche, e spesso - non in questo caso, per fortuna -, "morte-violenta". E' il boia-transfobico che si materializza in famiglia, in casa, per strada - ovunque. E' la "nostra società" - "complicata". Gia! Le tecniche usate dal boia-transfobico le più disparate. Il fine - unico: "violenza" - tanta, tantissima, "violenza" -, diretta e spietata contro le persone transgender o (ex)transgender. Violenza psicologica - ma spesso fisica. Il boia-transfobico per sfogare la sua "rabbia" contro la/il "diversa/o da sé", si serve di strumenti "efficaci", che massacrano l'altra/o: coltelli, accette, automobili, calci, pugni - la sua "macabra fantasia" non ha limiti - spazia con disinvoltura nel mondo dell'orrore. Le motivazioni: "futili" - sempre. La società sorda all'"urlo-muto", delle persone transgender o (ex)transgender - ha altro a cui pensare.
Purtroppo anche io - (ex)transgeder, oggi donna almeno per lo Stato, militante in Arcigay Roma -, vivo come molte/i transgender o (ex)transgender una vita "impossibile". Blindata e nel terrore. Non in carcere - perché non "clandestina" - ma, seppur cittadina a pieno titolo, di fatto una "clandestina" in Italia, a Roma - un'estranea, di troppo, come chi, questa notte dopo aver subito una "violenza" è stata incarcerata. Io che scrivo questo articolo da un quartiere romano poco distante da Regina Coeli terrorizzata da una società omo-transfobica - "urlo" da queste pagine che sono con Lei. Sono Lei e tutte/i quelle/i come Lei - transgender o (ex)transgender. E da queste pagine la saluto affettuosamente. Lei che ora si trova chiusa in una "gabbia", perché persona transgender e clandestina - che ha subito una violenza. Tra noi non esistono "mosche bianche", siamo tutte/i uguali - noi - sorelle e fratelli - con, troppe volte, lo stesso "maledetto e brutale destino". Una morte violenta, preceduta da una vita condita da pochi e rari affetti. Assenza di un "lavoro pulito". La sentita paura di assistere, ovunque, alla materializzazione del boia-transfobico - in casa, mentre dormi, o prepari un caffé. Vite impossibili nella città eterna - come il titolo di un mio articolo, pubblicato mesi or sono su Women in the city, il magazine di Articolo 21. Altri miei scritti "galleggiano" nel vasto mondo "internettiano". Nessun copyright - ma tutti sul tema. Leggeteli in questi giorni che vi trovate, liberi di esistere, in qualche splendida località turistica. Chissà, forse, al ritorno dalla pausa estiva "rigenerante", sarete più "umani", "tolleranti", ma sopratutto "inclusivi" nei confronti di chi non ha nessuna colpa - salvo quella di essere una persona e di "esistere" tra voi.
Buone vacanze.
*Candidata presidente dell'Arcigay di Roma.
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