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lunedì 2 giugno 2008

Sono gay. Ma non faccio outing.

Marco è un ragazzo genovese di 29 anni. Ha rivelato la propria omosessualità solo agli amici più cari. Si è confidato con mentelocale.it
(Francesca Baroncelli- Mentelocale) Lo chiameremo Marco. Un nome di fantasia dietro cui si nasconde tutto un mondo. Lui è un ventinovenne genovese come tanti. La sua omosessualità è un segreto che oggi non si sente di rivelare a nessuno, o quasi.

Quando ti sei reso conto di essere gay?
«A circa vent’anni. Prima avevo avuto qualche segnale, ma inconsciamente continuavo a ricacciarlo: me ne rendo conto solo adesso».

Qual è la prima cosa che hai pensato di fare?
«Mi sono rifugiato in internet. La rete mi ha permesso di affacciarmi, seppur timidamente, su un mondo che non conoscevo, cercare informazioni, capire le reazioni della gente a quello che io consideravo un mio problema. Così ho scoperto le chat, che mi hanno permesso di parlare e confrontarmi in modo anonimo con altri ragazzi omosessuali».

Il nuovo ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna ha dichiarato che gli omosessuali non sono discriminati: sei d'accordo?
«Non ho mai avuto esperienze dirette di discriminazione. In generale mi sembra che spesso i gay siano guardati con una simpatia che troppo assomiglia alla compassione. L’omosessualità dovrebbe essere considerata una delle tante sfaccettature della sessualità, ma siamo ancora ben lontani da questo. In Italia ci sono città in cui i gay preferiscono nascondersi: la chiusura è la prima forma di discriminazione. Non veniamo presi in considerazione dalla Stato e tempo fa il ministro Carfagna ha dichiarato: “Non c'è ragione per la quale lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali. I gay sono costituzionalemente sterili”».

Qual è il rapporto con la tua città?
«Genova è ancora troppo chiusa nei confronti dei gay. Non mi fa venire voglia di aprirmi».

Hai mai parlato con i tuoi genitori della tua omosessualità?
«No».

E com’è andata con gli amici?
«Solo quelli più stretti sanno che sono gay: con loro non volevo continuare a recitare una parte. Frequento altre persone a cui potrei parlare, ma temo di rovinare il mio rapporto con loro. Il fatto di non potermi aprire mi ha portato negli anni a chiudermi sempre più in me stesso».

Come vanno le cose nell’ambiente di lavoro?
«Ovviamente non lo sa nessuno. Con gli amici stretti ho la possibilità di rapportarmi, mentre i colleghi non me li sono scelti».

Parliamo d’amore. Il fatto che i gay preferiscano le avventure di una notte alla storia seria è un luogo comune piuttosto diffuso. È tutto vero?
«La spensieratezza delle storie gay fa parte dell’immaginario collettivo. In realtà c’è chi cerca il vero amore e chi invece preferisce le avventure, così come succede tra gli eterosessuali. La mia storia, che ormai va avanti felicemente da qualche anno, ne è la prova».

Cosa provi quando ti confronti con persone che non sanno della tua omosessualità?
«Se si tratta di estranei non ci penso proprio. Ma quando una semplice conoscenza si trasforma in amicizia cominciano i problemi: loro si confidano con me, ma io non posso fare lo stesso e ci sto male».

Il tuo ragazzo ha fatto outing. Cosa pensi della sua scelta?
«Ha fatto bene e lo invidio. Lui ha tanti amici che gli vogliono bene per quello che è. Io invece non ho dato loro la possibilità di esprimersi e di accettarmi per quello che sono».

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