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venerdì 25 aprile 2008

Grillo in piazza a Torino. Compagni cittadini grillisti partigiani.

(Il vicario - Pornopolitica) Torino, undici del mattino. C’è il sole. La maglietta si attacca alla pelle dei ragazzi. Via Po quasi deserta, i negozi chiusi. Se svolti a destra c’è Piazza Castello. Un piccolo palco, la bandiera del Pd, otto curiosi. A sinistra Piazza San Carlo, un faccione incazzato di Grillo sull’impalcatura enorme. Sopra, un rapper pelato. Informazione libera, grida. Il confronto è impietoso. La piazza enorme è piena. Coda di mezz’ora al banchetto delle firme. I ragazzi parlano di inceneritori, ripetono- sbagliando e balbettando- la lezione del Maestro. Le ragazze, sotto braccio, sbadigliano e guardano le vetrine di Zara. Troppo presto, meglio aspettare i saldi.

Paolo ha i capelli rossi. Gli chiedo cosa dicono i volantini che distribuisce. Mi spiega: bisogna abolire i contributi pubblici all’editoria. Ribatto: ma così scompare veramente la stampa libera. No, dice, l’informazione ce la faremo da soli, quelle sono macchine per frugare nelle nostre tasche. Non ci sto: così sparirebbero pure il manifesto, Carta, il Mucchio Selvaggio, Liberazione. Lui sgrana gli occhi: è il mercato mi risponde. Giusto, ma mi fa strano che un ragazzo di sinistra si aggrappi al mercato come nemmeno Giavazzi e Alesina. Dunque i grillisti credono nel mercato libero. Uno a zero per chi dice che sono di destra. I meetup organizzano piccole bancarelle piene di libri. Sopra non c’è Pavese, non c’è Calvino, non c’è Fenoglio, non c’è Primo Levi. Eppure siamo a Torino. I volumi sono manuali su precariato e ambiente: no ai termovalorizzatori, dicono, o ti trasformerai in un posacenere. Ok, su questo tema siamo dalle parti di Pecoraro Scanio. Uno a uno, i grillisti sono arcobaleno. Il tizio dal palco urla qualcosa sulla giustizia. Roba dalle parti di Travaglio. Due a uno: i grillisti, proprio come Travaglio, sono fan della destra law and order. Dice Chiamparino, sindaco di Torino. «Dal punto di vista sostanziale la manifestazione di Grillo non ha nulla a che con il 25 aprile: ognuno può considerarsi erede di chi vuole, ma è evidente che i contenuti della sua manifestazione sono agli antipodi del 25 aprile». Torno in piazza Castello. Nel frattempo ho comprato un kebab. Troppa salsa. Ancora poca gente. Due signori guardano la folla che avanza, veloce, verso il V-day. «Comunisti del cazzo», ridono. Mah. Spiega Grillo: «Il 25 aprile ci siamo liberati dal nazifascismo. Sessantatre anni dopo possiamo liberarci dal fascismo dell’informazione. Il 25 aprile non è di proprietà degli intellettuali di sinistra, una definizione corrispondente a un vuoto pneumatico».

Una ragazza, vestito freak e occhiali giganti, mi chiede una sigaretta. Eccola. Dico: sei qua per Grillo? Sì, fa lei, ma sono già stanca. Le chiedo perché. Perché qui sono tutti uguali e non sanno nulla. Parlano, mi dice, ma non sanno nulla. Sai che cosa avrei voglia di fare? Prendere la Vespa e andarmene su in Langa, a Saliceto, e dire la messa per un partigiano ucciso a diciannove anni che si chiama come mio fratello. Le sorrido, metto in tasca l’accendino. Vado a lavorare. Ciao bella, le dico. Bella, ciao.

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