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mercoledì 20 agosto 2008

Il delitto dell'Aurelio. La misteriosa domenica dell'architetto.

Ucciso come nel giallo di Fruttero & Lucentini.

(Raffaello Masci - La Stampa) C’è un silenzio gravido di sorprese, forse di segreti, intorno ad Alberto Falchetti, l’architetto trovato ucciso lunedì nel suo appartamento a Roma, nel quartiere Aurelio.

Al quarto piano del civico 12 di via Agostino Valiero, la porta di quella casa dove lunedì pomeriggio la colf Silvana ha trovato il professionista per cui lavorava in una pozza di sangue, reca i sigilli della Questura di Roma: timbri, firme, «ai sensi della legge», eccetera. Il portoncino è pulito e lucido, le due serrature di sicurezza appaiono del tutto intatte: chi era con Alberto al momento della morte, deve essere entrato come ospite noto, e forse gradito.

L’atmosfera in quello stabile elegante, tranquillo, con ampie terrazze piene di fiori, è spettrale: le scale, gli androni, il bel giardino condominiale, sono deserti. Le vacanze hanno sfoltito i ranghi e i pochi residenti che escono con i sacchetti della spazzatura, si attengono ad un tacito patto del silenzio: «Una persona perbene, così elegante - racconta un signore che si appoggia a un bastone -. Rumori? No, mai nessuno si era lamentato. L’architetto faceva una vita molto riservata, riceveva anche poca gente. O almeno così sembrava». Buongiorno e buonasera, grazie e prego: convenevoli, insomma, niente di più. O comunque, in questo luttuoso pomeriggio d’estate, nessuno sembra voler andare oltre questo racconto.

Alberto Falchetti lavorava per una popolare rivista nelle «location» per i fotoromanzi. Si sapeva che era omosessuale, perché non ne faceva mistero con quelli che lo conoscevano, che proveniva da una famiglia di professionisti di Siena e che aveva a Roma un fratello farmacista.

Ma si sa anche che da tempo era malato e ultimamente aveva fatto la spola tra gli ospedali: cose di una qualche gravità, a quanto si dice, dato che a 59 anni doveva appoggiarsi non ad una ma a due badanti che si alternavano. Tuttavia anche di questa cagionevolezza nessuno dei suoi coinquilini si era reso conto.

Il gioco erotico
Un amico assiduo che potrebbe sapere di più sulla sua vita, si trova attualmente in Argentina e si ha qualche difficoltà a contattarlo. Per il resto, a parlare di Alberto Falchetti sono solo il suo corpo affidato ai medici legali dell’obitorio di Roma e i reperti prelevati dagli inquirenti in casa.

Anche se non esiste ancora un referto, sembra ormai appurato che l’architetto sia morto nella notte tra domenica e lunedì, che sia stato prima picchiato duramente, poi colpito con un corpo contundente cilindrico (così si dice) sull’osso frontale e sulle tempie, infine che ci sia stato un tentativo di strangolarlo.

Ieri è emerso anche un ulteriore dettaglio inquietante: le sue mani erano state immobilizzate con un nastro adesivo di quelli larghi e marroncini, utilizzati per sigillare i pacchi. Basta questo per parlare di un gioco sessuale incautamente condotto? Quel che è certo, invece, è che la porta di casa non presentava segni di effrazione. La vittima, quindi, conosceva bene l’assassino e l’aveva fatto entrare normalmente in casa sua.

Quanto agli oggetti all’attenzione della scientifica, ci sarebbero un posacenere, dei bicchieri, un certo numero di posate. La casa, con ogni probabilità, doveva aver accolto più ospiti nel weekend di Ferragosto, e le stoviglie non erano state lavate, forse in attesa che provvedesse la signora Silvana, il lunedì successivo.

Ma anche la macchina, una Lancia Y, parcheggiata sotto casa, è stata portata via dal carro attrezzi per essere accuratamente ispezionata. La chiave di tutto, però, potrebbe essere in due strumenti anch’essi acquisiti dalla polizia: il pc di ultima generazione trovato aperto in casa, e il cellulare. Con chi ha parlato Alberto in quegli ultimi giorni? E quali siti Internet ha visitato? La polizia ha parlato subito di una «pista gay».

Ora, dato che il corpo dell’architetto era perfettamente vestito, se non ci sono tracce biologiche che portino in questa direzione, è da intendersi che siano i tabulati del telefonino o la «cronologia» dei siti Internet a orientare gli inquirenti in questo senso? Si sa, per esempio, che molti gay, specialmente non più giovanissimi, si servono di siti specializzati per reclutare escort da contattare poi per telefono e invitare a casa a fronte di una cospicua remunerazione. Tutto questo, se mai fosse vero, telefono e pc potrebbero raccontarlo agevolmente.

Venti delitti
C’è un ultimo particolare su cui riflettere: non sono state diffuse foto della vittima. L’Arcigay di Roma, allarmato dai circa venti omicidi di omosessuali avvenuti nella capitale negli ultimi tre anni, ha chiesto di poter avere una foto dell’ucciso, per diffonderla e raccogliere attraverso questo tam tam capillare ogni possibile informazione utile. Invece niente.

Gli inquirenti hanno fatto sapere - peraltro sibillinamente - che preferiscono non diffondere immagini della vittima, e questo riserbo è stato letto come funzionale alle indagini. Dunque ancora un silenzio, che potrebbe però proteggere l’inchiesta, evidentemente in una fase delicata. Se non a una svolta.
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Fruttero & Lucentini "La donna della domenica".

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