(Daniela Ovadia - Panorama) Ha fatto le lampade, un mese prima delle vacanze, perché “proteggono dalle scottature”. È andata in farmacia e ha acquistato gli integratori che preparano la pelle al sole: ha scelto i solari protezione media, così potrà stare sotto i raggi per ore senza preoccuparsi. Tutto giusto, no? È quello che molti di noi, del resto, abbiamo letto, orecchiato, sentito dire. O che, semplicemente, facciamo da anni perché siamo abituati così. Però in questo modo rischiamo, esponendoci al sole, di accumulare piccoli e grandi errori. Con conseguenze immediate per la pelle o rischi nel lungo periodo.
A confondere le idee sui potenziali danni o sui benefici dei raggi solari sono anche messaggi spesso contraddittori. L’ultima notizia è di pochi mesi fa: il sole non fa poi così male, anzi aiuterebbe a prevenire il cancro favorendo la formazione della vitamina D (lo ha annunciato uno studio dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Oslo). Una seconda indagine (International Journal of Cancer) rincara la dose: esporsi al sole, seppure con moderazione, evita il linfoma non Hodgkin. Negli Stati Uniti la Indoor tanning association (associazione americana di proprietari di solarium) ha subito usato queste ricerche per una martellante campagna di controinformazione: addio timori e cautele, il sole fa bene e basta. “Vi sono solo alcune dimostrazioni dell’efficacia anticancro della vitamina D mentre il legame tra esposizione al sole e tumori cutanei è assodato. Inoltre, non occorre cuocersi sotto i raggi per sintetizzarne una giusta quantità. Bastano 10 minuti o, ancora meglio, una dieta adeguata” puntualizza William Hanke, presidente dell’American academy of dermatology citato da Newsweek.
“E, soprattutto, non è affatto vero che le lampade abbronzanti siano sicure”. Una convinzione, questa, tuttavia diffusa, come conferma Giovanni Leone, direttore del Servizio di fototerapia dell’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma: “Contrariamente a quanto si credeva alcuni anni fa, il melanoma è più legato ai raggi Uva, quelli emessi dalle lampade che penetrano in profondità, e meno alla combinazione Uva-Uvb presente nella luce naturale. Quindi sottoporsi a sedute abbronzanti prima di andare al mare per indurre la formazione della melanina e sentirsi protetti è un errore “. Il rischio è molto limitato se si ricorre al solarium ogni tanto, ma non va sottovalutato da chi lo usa tutto l’anno. Non è l’unico abbaglio che prendono i forzati della tintarella, quelli che, in questo mese non ancora vacanziero, hanno solo il weekend per abbronzarsi (pioggia permettendo). C’è chi si alza presto il sabato mattina e, con un avanzo di crema solare rimasto nel cassetto, fattore di protezione non superiore a 10 (”Altrimenti non mi scurisco”), si dirige alla spiaggia o al parco per passarvi la giornata. La crema viene spalmata, ma senza abbondare (”Perché appiccica”). Raramente ci si ricorda che la dose minima necessaria, secondo il Progetto prevenzione melanoma dell’Unione Europea, è sei cucchiai colmi, pari a circa 36 grammi di prodotto.
Un tubetto da 100 grammi, quindi, serve per non più di tre o quattro esposizioni. Inoltre è bene ripetere l’applicazione ogni 2 ore e ogni volta che si esce dall’acqua, anche se la confezione afferma che il prodotto resiste ai bagni. Altra illusione da sfatare: i caftani di cotonina leggeri e trasparenti non bloccano i raggi, per proteggere davvero il tessuto deve essere abbastanza spesso da non far passare la luce, di colore scuro o rosso-arancione. Se non si rispettano queste regole, il rischio che si corre non riguarda solo il melanoma (la forma più aggressiva di cancro cutaneo, che non supera il 10 per cento del totale), ma anche il carcinoma spinocellulare e il basalioma. Due forme tumorali meno temibili ma che non vanno comunque trascurate e possono, specie la prima, dare luogo a metastasi. “I fattori di rischio per il melanoma sono noti solo in parte.
Alcuni sono legati alla predisposizione familiare, a occhi, capelli e cute chiari, alla presenza di lentiggini o di nei grossi e numerosi, dai bordi irregolari, di forma e colore variabile” spiega Natale Cascinelli, ex direttore scientifico dell’Istituto dei tumori di Milano e presidente del Programma melanoma dell’Oms. “Per chi è predisposto l’esposizione al sole senza adeguate protezioni è solo il fattore scatenante, soprattutto se le scottature sono avvenute in età infantile”. In nove casi su dieci il tumore cutaneo è degli altri due tipi.
“Il basalioma coinvolge gli strati profondi dell’epidermide e sembra un piccolo nodulo, talvolta colorato” prosegue Cascinelli. Dopo l’asportazione, si può in genere considerarlo guarito. “Il carcinoma spinocellulare ha origine dagli strati superficiali ed è più legato alle ustioni solari (si trova facilmente su viso e spalle): di rado dà metastasi, ma va controllato. Chi ne ha uno di solito ne sviluppa altri; vanno anch’essi asportati quanto prima”. La soluzione, oltre a evitare di esporsi nelle ore centrali, è usare correttamente le creme solari. Da questo punto di vista ci sono novità. “È stata eliminata la dicitura schermo totale, perché non esistono sostanze in grado di filtrare completamente i raggi.
I fattori di protezione sono stati uniformati a livello europeo, per cui il più elevato è il 50+” dice Leone. “Le creme con fattore di protezione inferiore a 6 non sono considerate solari bensì cosmetici per mantenere la pelle idratata e nutrita”. A fianco della cifra, le associazioni di consumatori hanno ottenuto che compaia una dicitura più immediata: per un fattore tra 6 e 10 deve comparire la scritta “protezione bassa”, tra 15 e 30 “protezione media”, tra 30 e 50 “alta”, e con il 50+ “molto alta”. L’associazione Altroconsumo consiglia anche di verificare la data di scadenza e di non usare i prodotti aperti l’anno prima, perché i filtri solari chimici si degradano facilmente. Altro punto fondamentale, che non tutti sanno: i filtri possono essere instabili e degradarsi anche per colpa del sole stesso. Meglio acquistare un fotostabile (dovrebbe essere indicato in etichetta).
I filtri fisici (contengono zinco e lasciano una patina bianca sulla pelle) invece non superano il fattore 30 di protezione e per essere veramente efficaci devono essere uniti a quelli chimici. E le pillole che promettono di proteggere la pelle? “Possono essere utili per mantenere attive le difese immunitarie della cute, compromesse dal sole, ma non sostituiscono la crema solare ” avverte Leone. Contengono antiossidanti come betacarotene, licopene e fermenti lattici. Le associazioni di consumatori, però, ricordano che si tratta di elementi presenti nei vegetali, come carote e pomodori, e nei latticini; dato il costo non indifferente dei “nutraceutici ” (gli integratori alimentari che vantano proprietà preventive), basta attenersi a un’alimentazione ricca di insalate e yogurt per ottenere risultati analoghi. Attenzione agli autoabbronzanti: stimolano la produzione di melanina ma non offrono protezione. Quelli ultrarapidi poi sono semplici coloranti. Tumori a parte, non vanno trascurati altri effetti del sole come l’eritema, una sorta di reazione allergica alla luce. “La maggior parte di quanti ne soffrono (il 10 per cento degli italiani) ricorre al cortisone, senza contare che l’esposizione diventa impossibile” continua Leone.
“La sensibilizzazione è dovuta per esempio alle abbronzature prese ai Tropici, nonché alla maggiore aggressività dei raggi anche nel Mediterraneo, a causa dell’assottigliamento della fascia di ozono. Per prevenire problemi si dovrebbe fare una corretta analisi del modo con cui la pelle reagisce alla luce solare, per esempio grazie al simulatore solare, uno strumento che consente di studiare esattamente il fototipo di una persona”. La valutazione del fototipo è utile anche per evitare guai più seri come le ustioni solari, che possono essere molto dolorose, accompagnate da febbre e disidratazione.
E che sono la tipica conseguenza delle “botte di sole”: esposizioni prolungate, con poca crema solare o con un filtro troppo basso.
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