(Enrico Franceschini - La Repubblica) Passo un week-end ad Amsterdam, dove ero stato di passaggio solo una volta, brevemente, trent’anni fa. Barconi e house-boats sui canali, caffè strapieni, parcheggi con migliaia di biciclette, poche auto per strada, gabbiani, raggi di sole inframezzati a pioggia, tanti turisti, tanti giovani, jeans, stivaloni, baveri rialzati, birra, un’atmosfera casual, un’aria sorridente, che uno sarebbe tentato di definire “di sinistra”. Ci arrivo nei giorni un cui un nuovo regolamento municipale prescrive che, da quest’estate, nei parchi cittadini saranno consentiti gli atti sessuali in pubblico, tra eterosessuali e tra omosessuali, a patto che avvengano di sera, che sia usato il preservativo e che quest’ultimo sia poi gettato via accuratamente negli appositi bidoncini della spazzatura. “Perchè dovremmo vietare qualcosa che è impossibile vietare, che causa minimo disturbo al prossimo e che è fonte di grande piacere per alcuni?”, si è chiesto il sindaco nell’approvare il provvedimento. Tutti contenti, tranne i proprietari dei cani, i quali fanno notare che nel nuovo regolamento su quello che si può e non può fare nei parchi continua a rimanere in vigore l’obbligo di portare i cani al guinzaglio. “Sondaggi e richerche indicano che molta gente ha paura dei cani senza guinzaglio”, replica il sindaco. Per cui, come titolano i giornali di qui, “nei parchi di Amsterdam si può fare l’amore ma si deve tenere il cane al guinzaglio”.
Buffo, no? Strana città. Simpatica città. Con al suo centro, circondata da cattedrali e shopping-center, il famoso quartiere a luci rosse, un fazzoletto di strade e canali nei quali la prostituzione e le droghe leggeri sono legali, con le ragazze seminude in vetrina che mostrano la mercanzia ai passanti e le botteghe di semi di marijuana, funghi allucinogeni e pipe di ogni dimensione. Il sesso del quartiere (142 bordelli, con in tutto 500 vetrine, più night-club, topless-bar, sex-shops) produce un giro d’affari da 70 milioni di euro l’anno. Anche qui, però, c’è qualche novità. Nonostante sporadiche pressioni di movimenti femministi e associazioni religiose, il “red lights district” ha finora resistito a ogni regolamentazione. Bordelli e prostitute, tuttavia, non sono più quelli di una volta. Le meretrici in pensione che un tempo dirigevano i locali del sesso sono state rimpiazzate in tempi recenti da gangster dell’Europa orientale, russi, bulgari, rumeni. Le donne che vi lavorano includono ora parecchie ragazze slave. La polizia sospetta traffici di riciclaggio di denaro o peggio. Ma la possibilità di un cambiamento del quartiere non viene dalle forze dell’ordine: viene dal denaro. Il quartiere a luci rosse, infatti, è il centro geografico della città. Include sette antiche chiese e decine di edifici di valore architettonico. Investitori e speculatori immobiliari ci hanno messo gli occhi addosso, da quando il boom del mattone ha portato alle stelle il prezzo delle case anche qui: affittare un appartamentino di 60 metri quadri, affacciato a un canale, costa 2000-2500 euro al mese. Così, tra le vetrine delle ragazze in reggiseno e mutandine, stanno cominciando ad aprire boutique, ristoranti alla moda, alberghi di lusso, gallerie d’arte; le casette sopra i bordelli vengono restaurate; e un nuovo genere di pubblico si trasferisce a viverci. In gergo, si chiama “gentrificazione”, e succede in tante parti del mondo, il risanamento di una zona povera, depressa o malfamata, invasa poco per volta dalla classe media. E’ già accaduto a un altro celebre “red light district” che era al centro di una città: Times Square e la 42esima strada, a New York. Piano piano, potrebbe accadere anche ad Amsterdam, forse senza eliminare del tutto le vetrine con le ragazze in mostra, che rappresentano anch’esse, a modo loro, una delle attrattive e particolari caratteristiche di questa Venezia del nord. Di questa buffa, strana, affascinante città sull’acqua.
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