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lunedì 31 dicembre 2007

Un 2007 di nera: che fine hanno fatto i protagonisti della cronaca?

Stefania e Paola Cappa, le cugine 23enni di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco (Pavia) lunedì 13 agosto |foto Ansa
Stefania e Paola Cappa, davanti alla villa della cugina Chiara Poggi

(Panorama)Alcuni hanno riempito le pagine di giornali per mesi, altri hanno attirato l’attenzione solo dei media locali. Alcuni sono stati risolti, altri restano gialli intricati. In qualche caso c’è già un colpevole, per altri le indagini sono ancora aperte, a volte non c’è neppure un cadavere. I fatti di cronaca nera del 2007 sembrano tutti eclissati dal delitto di Meredith Kercher a Perugia. Ma che fine hanno fatto i protagonisti?
Il caso Raciti: niente prigione per Speziale. Dopo il tira e molla dei vari tribuinali, la Cassazione ha annullato la custodia cautelare in carcere per Antonio Speziale, il tifoso 18enne tifoso di Catania accusato dell’omicidio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, avvenuto il 2 febbraio durante gli scontri scoppiati dopo il derby con il Palermo. Il ragazzo intanto è agli arresti domiciliari in una comunità per l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale per cui è già sotto processo.

La ragazza uccisa nel metrò di Roma: le sorti di Doina e Costantina. La condanna a 16 anni di carcere per Doina Matei, la 21enne romena accusata di aver ucciso con un ombrello Vanessa Russo, di 23 anni, è arrivata il 17 dicembre con rito abbreviato. La lite degenerata è del 26 aprile, avvenuta alla stazione Termini della metropolitana di Roma. L’accusa è passata da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale. Insieme a Doina era stata arrestata, grazie alle telecamere del metrò, anche la sua amica Costantina, di 17 anni. È accusata di favoreggiamento: assieme si prostituivano e assieme avevano tentato di fuggire dopo il delitto. La minorenne è stata scarcerata a maggio e, dopo essere stata ospitata in una struttura protetta del Comune, a novembre ha ottenuto di poter tornare in Romania dalla sua famiglia.
Roberto Spaccino, accusato di aver ucciso la moglie Barbara Cicioni

L’omicidio di Barbara Cicioni: due bambini in cerca di una famiglia. Per l’assassinio della donna incinta all’ottavo mese, avvenuto a Compignano di Marsciano, vicino a Perugia il 24 maggio, il marito, Roberto Spaccino, è rinchiuso nel carcere di Terni. Lui si dice innocente, ma il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta di concedergli gli arresti domiciliari. Il gip, seguendo le indicazioni della psichiatra incaricata della perizia, ha stabilito che i primi due figli, Niccolò e Filippo di 8 e 4 anni, non testimonieranno al processo contro il padre. Ma la loro esistenza è ancora legata alle scelte della magistratura: dopo l’omicidio, i bambini sono stati affidati ai servizi sociali e ospitati in una casa famiglia, ma la consulente del tribunale dei minori ha concluso che per loro sarebbe meglio vivere con la nonna materna. Di tutt’altro parere i legali del padre che vorrebbero far stare i bambini con i cugini e gli zii paterni. I giudici hanno deciso l’affidamento temporaneo agli zii materni che vivono a Roma.
Poi il tentativo di linciaggio da parte della gente nel momento in cui Spaccino veniva trasferito dalla caserma dei carabinieri di Marsciano al carcere di Capanne.
E infine il funerale. Nella piccola chiesa di Morcella. A pochi chilometri dal paese dove viveva la coppia. Dove Barbara era cresciuta con la nonna e dove, parlando occasionalmente con il parroco, aveva chiesto di essere sepolta."

Il mistero della morte di Maurizio Oldani: un’aggressione nel centro di Milano che non ha ancora un perché né un colpevole. È un’indagine complicata quella della Squadra mobile sull’omicidio del commercialista 47enne e dirigente della Margherita. L’uomo è stato trovato la mattina del 3 giugno, ferito gravemente, a due passi dell’Arena civica e dalla casa dove viveva da solo. È morto in ospedale due giorni dopo. L’autopsia ha stabilito che è stato colpito con un pugno alla testa e poi è caduto battendola sul marciapiede. La pioggia caduta quella notte ha lavato via molte tracce utili e la vittima aveva lasciato a casa sia il portafogli sia il telefonino. Con sé aveva solo, nascosti in un calzino, soldi, un documento e la tessera dell’Arcigay. L’aggressione a mani nude fa pensare a una lite degenerata piuttosto che a una rapina finita male.

I coniugi uccisi a Catanzaro: i corpi ritrovati dopo cinque mesi. La conferma è arrivata il 30 ottobre: i cadaveri scoperti in avanzato stato di decomposizione da un pastore nelle campagne di Cutro, nel crotonese, sono quelli di Luigi e Maria De Marco. Erano avvolti in un telo di plastica blu e seppelliti sotto a un ponte. Dal 5 giugno erano spariti, lasciando solo delle evidenti tracce di sangue nella villetta di Simeri Mare (Catanzaro). Quattro giorni dopo era stato arrestato dai carabinieri, proprio vicino a Crotone, il figlio maggiore, Pasquale De Marco, di 34 anni. È ancora in carcere accusato di duplice omicidio, ma ha sempre detto di non sapere che fine hanno fatto i genitori. Ha sostenuto di essere un agente dei servizi segreti e che la loro scomparsa potesse essere legata a una vendetta nei suoi confronti. Ma gli investigatori hanno scoperto che prima di allontanarsi da casa sull’auto del padre, ha acquistato dei rotoli di plastica blu.


Enza Basso Memoli e Sonhu

Spariti nel nulla Enza Basso Memoli e Sonhu: la disperazione della famiglia. “Non possiamo fare altro che pregare per nostra madre ogni giorno. Non abbiamo sue notizie da più di cinque mesi, che sia ancora viva oppure no, vorremmo solo avere un segnale”. Salvatore Memoli, avvocato di Salerno, non sa neppure perché sua madre, una donna di 76 anni, è stata portata via. Il 12 luglio lei e il giovane domestico indiano, William Jeeth Sing, detto Sonhu, si trovavano nel podere di famiglia. Sono stati visti discutere con alcuni connazionali del ragazzo, poi più nulla. “Probabilmente mia madre si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ipotizza Memoli. Che ha parlato più volte al telefono con i genitori del giovane indiano dei suoi problemi nell’ottenere i documenti in Italia. La procura ha aperto un fascicolo per sequestro, ma sul fronte delle indagini non ci sono sviluppi. I due indiani che sono stati arrestati ad agosto per favoreggiamento, e che probabilmente sanno qualcosa ma non parlano, sono stati scarcerati. “Sono tornati senza problemi al loro lavoro, nonostante siano irregolari”, spiega Memoli.

Il ragazzo e il padre sono scomparsi da Palermo il 3 agosto 2007. (Foto: Ansa)

Stefano e Antonio Maiorana

La scomparsa di Antonio e Stefano Maiorana: buio completo. Nessun segnale, nessuna pista valida. Dal 3 agosto non si sa più nulla dell’imprenditore edile di 47 anni e del figlio di appena 22. Quel giorno hanno lasciato il cantiere di Isola delle Femmine (Palermo), dicendo che sarebbero tornati dopo un caffè. La loro auto è stata ritrovata chiusa a chiave all’aeroporto Falcone-Borsellino. Si fa presto a dire mafia, fa notare la madre di Stefano, Rossella Accardo, ex moglie di Antonio. A ottobre ha ricevuto un sms che faceva riferimento alla lupara bianca. “Ogni volta che in Sicilia accade qualcosa”, denuncia, “si dice che è stata la mafia, ma spesso non è così, come in questo caso. Mio figlio Stefano è scomparso per colpe non sue, il padre forse lo ha coinvolto in cose più grandi e non può tornare a casa”. Depistaggi, comode soluzioni del giallo, cui la famiglia non crede e invita gli investigatori a non smettere di cercare. Non escludendo neppure la pista del rapimento. Le indagini sui movimenti e le telefonate dei due uomini e le ricerche nella zona non hanno dato esito. I carabinieri si sono concentrati sugli affari immobiliari di Antonio Maiorana e della sua convivente argentina, Karina Andre Gabriela. I cantieri della Calliope srl, di cui lei è socia, sono stati sequestrati per irregolarità.

Luca Delfino viene arrestato a Sanremo per l'omicidio di Maria Antonietta Multari, 10 agosto 2007 |foto Ansa

Luca Delfino al momento dell’arresto

Il delitto di Sanremo: dove sono finiti Zucca, Sanfilippo e Delfino? Subito dopo l’omicidio di Maria Antonietta Multari, il 10 agosto a Sanremo, si scatenò la polemica tra il pm di Genova Enrico Zucca e il capo della Squadra mobile, Claudio Sanfilippo. L’assassino della 33enne, il suo ex fidanzato Luca Delfino ora in carcere, era infatti già indagato per un altro omicidio avvenuto a Genova nell’aprile 2006, quello di un’altra sua ex, Luciana Biggi. Sanfilippo accusò Zucca di non aver tenuto in cella Delfino nonostante le prove e suo carico. Il pm rispose che gli indizi raccolti dalla polizia non erano sufficienti. Il 13 dicembre Zucca ha chiesto una proroga delle indagini. Riguardo a Sanfilippo, alcuni giornali avevano scritto di un suo trasferimento a Parma, ma per ora non è così. Il capo delle Mobile è al suo posto. Intanto una perizia psichiatrica su Delfino ha stabilito che è “seminfermo di mente, paranoide e socialmente pericoloso”. Mentre un giudice di pace ha emesso la sentenza per le minacce dell’assassino alla madre della ragazza uccisa: Delfino dovrà pagare una multa di 85 euro.

Il giallo di Garlasco: protagonisti e comparse sulla scena del delitto. Il 13 agosto Chiara Poggi è stata uccisa nella sua casa di Garlasco. Per l’omicidio è indagato, a piede libero, il suo fidanzato Alberto Stasi. Per lunghi mesi, senza un movente, ma ora le indagini del Ris hanno scoperto materiale pedopornografico nel computer di Stasi. Un segreto da tutelare al punto da uccidere Chiara? Il pm Rosa Muscio ha disposto esami tossicologici sui reperti prelevati dal corpo di Chiara. Ma che fine hanno fatto le gemelle Cappa? Paola e Stefania, 23 anni, sono tornate, almeno per ora, nell’anonimato da cui erano emerse dopo il delitto. A partire dalla finta foto con Chiara è stato tutto un susseguirsi di interviste televisive, foto in posa e dichiarazioni. Condite dalle immancabili voci, mai molto benevole, dei concittadini. Ora la famiglia le protegge dai giornalisti e chiede di lasciarle tornare alla loro vita normale. Stefania, caschetto biondo, la più sicura delle due, agli studi di Giurisprudenza a Pavia. Paola, capelli lunghi castani, che confessò di aver tentato il suicidio pochi giorni prima del delitto, alla sua vecchia passione: il giornalismo. Da settembre ha ricominciato a curare la sua rubrica Accadde oggi sul settimanale locale L’Informatore Lomellino.

Il massacro di Gorgo al Monticano: in cella i tre presunti colpevoli, uno si suicida. Un delitto, quello del 21 agosto in una villa in provincia di Treviso, che ha choccato per la violenza con cui è stato compiuto. Guido e Lucia Pellicciardi, che erano i custodi dell’abitazione, sono stati seviziati e uccisi a colpi di spranga in un tentativo di rapina. Quindici giorni dopo i carabinieri hanno arrestato con l’accusa di duplice omicidio e le aggravanti dei futili motivi e della crudeltà tre stranieri: Artur Lleshi e Naim Stafa, albanesi, e un cittadino romeno che avrebbe fatto da palo ma non avrebbe partecipato al massacro. Quest’ultimo e Lleshi (che era già finito i cella per stupro e rapina, ma era uscito con l’indulto) hanno confessato sostenendo di aver agito sotto l’effetto della cocaina. Il 19 dicembre Lleshi, dopo aver chiesto perdono al figlio delle vittime e dopo aver tentato il suicidio già due volte, si è impiccato con un lenzuolo nel carcere di Padova. Gli altri due presunti colpevoli restano in prigione in attesa del processo.

L’omicidio di Tor di Quinto: un caso anche politico, ma per il difensore manca il movente. Potrebbe partire ad aprile il processo a carico di Nicolae Romulus Mailat, il cittadino romeno di etnia rom in carcere con l’accusa di aver violentato e ucciso Giovanna Reggiani il 30 ottobre alla stazione romana di Tor di Quinto. L’imputato si è sempre difeso dicendo di aver rubato la borsetta alla donna, ma di non averla stuprata né tanto meno uccisa. Per il suo difensore, Piero Piccinini, ci sono molti punti oscuri nella ricostruzione fatta dal pm. “Devono ancora essere depositati i risultati dell’autopsia, fondamentali per capire le modalità dell’aggressione”, spiega. “Ma il tassello che meno mi convince è il possibile movente di un delitto tanto efferato e gratuito: furto, follia momentanea, o che altro? Quello che ho appurato nei miei incontri settimanali con Mailat è che non ha una personalità disturbata e non dà segni di instabilità mentale”. La difesa quindi non giocherà la carta dell’infermità.

Parabita, madre assassina nel nome del figlio: sotto inchiesta per pedofilia il marito della vittima. Un’accusa di omicidio e tentato omicidio per Simona D’Aquino e una di abusi sessuali su minore per Luigi Compagnone, 80 anni. È finita così la brutta storia di Parabita, in provincia di Lecce. Cominciata quando il figlio di 7 anni ha raccontato a Simona degli abusi subiti da Compagnone. Il bambino frequentava con un’altra decina di coetanei il doposcuola in casa della moglie dell’anziano, Iolanda Provenzano, maestra in pensione. La mamma ha cercato di farsi giustizia da sé e il 5 novembre ha ucciso l’insegnante e ferito anche l’uomo. Simona D’Acquino è finita in carcere a Lecce. Ma il suo gesto ha fatto aprire un’inchiesta per pedofilia su Compagnone: pare che il bambino subisse le sue attenzioni da un anno e mezzo e contro di lui ci sono anche le dichiarazioni di una quarantenne che ha denunciato di essere stata molestata quando era bambina.

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