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domenica 6 luglio 2008

Gaypride. In cinquemila a Catania. Il movimento è a pezzi ma si minimizza.


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Striscione d'apertura del pride contro "Crudelia Carfagna". Tanti cartelli con la scritta "Siamo tutti rom".
(Laura Galesi - Liberazione) Riparte da Catania il movimento glbt. Almeno 5mila i manifestanti che hanno partecipato al Gay Pride etneo organizzato da Arcigay Catania, Open Mind, Glbt e Pegaso's. Un corteo allegro, disteso e senza polemiche che ha riportato Catania al centro della questione dei diritti. «Ci sposeremo in piazza, ecco guarda ho portato le fedi». Due anelli d'oro bianco, alla francese e con le dediche, quelli che durante la serata suggelleranno la storia d'amore di due siciliani di Augusta. Lo racconta Pino, 45 anni, che convive da due con Marco. «Ci amiamo, stiamo bene insieme, vogliamo sposarci ma siamo costretti a fare i clandestini».

Il corteo è aperto da un'automobile decappottata occupata da una eccentrica "carica dei 101": ragazzoni vestiti da Crudelia De Mon che brandiscono il cartello "Crudelia Carfagna". «Il Pride a Catania è particolarmente importante - dice Vladimir Luxuria - Rappresenta l'ultima tappa di un percorso passato anche per Roma e Bologna e si conclude proprio sul tema della vivibilità della città. Un argomento molto sentito anche al sud, dato che molte coppie sono costrette a emigrare a Madrid o Barcellona». "Noi siamo la città" rivendica lo striscione di apertura sorretto dai rappresentati del comitato promotore, che sognano una Catania libera dai pregiudizi e capace di dare spazio alle differenze. «Stiamo costruendo - sottolinea Sara Crescimone dell'Open Mind - un movimento glbt diverso, che consideri i vari percorsi politici delle tante realtà e associazioni». Il Pride è un momento di passaggio, spiega al volo un manifestante, «necessario per sconvolgere la gente e richiedere i diritti». Per "miss Terronia" sono «indispensabili anche la musica e i colori vivaci, fotografia di una Sicilia tutta gay». «Stiamo vivendo una fase di riduzione degli spazi - dice Rita Bernardini, ex segretaria radicale, oggi deputata Pd - sta diventando impossibile gestire la propria vita, ma il primo passo discriminatorio era già stato fatto con l'approvazione della Legge 40».

«Il Pride riparte dal Sud - afferma soddisfatto Riccardo Di Salvo presidente Arcigay di Catania - La città oggi ha riposto in maniera molto positiva, è un corteo splendido e senza polemiche, che vede la partecipazione dei movimenti di tutta Italia». Per Daniele che ha 21 anni e quasi una laurea triennale la sua città per un giorno ha perso il consueto provincialismo. «Sembra di essere ritornati agli anni Settanta - commenta entusiasta - Catania non è molto diversa dalle altre città metropolitane, ci sono posti da evitare ma in genere sei tranquillo. Io non ho mai avuto grossi problemi neanche in famiglia. Quando ho detto ai miei genitori che ero gay avevo 16 anni e l'unica risposta di mio padre è stata quella di stare attento». Anche qui, certamente, capita di scontrarsi con l'omofobia e con il conservatorismo. "Froci sì, fascisti mai" si legge nel provocatorio manifesto di Rifondazione Comunista. «Sì, già da diversi anni maderiamo al Pride - spiega Valerio Marletta, coordinatore Giovani comunisti - E' un atto indispensabile per dare corpo all'interazione coi movimenti avviata dal Prc e soprattutto per lanciare un messaggio forte contro l'omofobia e contro qualsiasi forma di attacco governativo e religioso che mini la libertà di ognuno». E infatti tanti cartelli con lo slogan "Siamo tutti e tutte rom" punteggiano il corteo. Un Pride caldo, a 35 gradi, che ha percorso il centro della città sotto gli occhi incuriositi del popolo dello shopping alle prese con i saldi. Musica esaltante, tante drag queen, tanto colore. Mentre chiudiamo questo articolo dal palco di piazza Università, dapprima negata e ora orgogliosamente invasa dal popolo glbtq, oratrici e oratori cominciano a reclamare una politica diversa capace di salvaguardare laicità, autodeterminazione e libertà per tutte e tutti.
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Ndr. Eccolo un chiaro esempio di disinformazione. Si gonfiano a dismisura i numeri sino a perdere la credibilità, si tende a minimizzare, a non entrare nel problema. Si preferisce fare un articolo "agiografico" anzichè discutere di perchè il movimento gay della sinistra è in crisi e tentare di ricostruirne il tessuto. Nascondendo la testa come gli struzzi e facendo del facile solidarismo non si va da nessuna parte.

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