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martedì 22 gennaio 2008

Unioni civili anche a Milano, pronti a votare 22 consiglieri. Oggi il dibattito in Comune, nel centrodestra cinque favorevoli.

La proposta di un registro anche per le coppie dello stesso sesso trova già appoggi trasversali e provoca polemiche.

(Giuseppina Piano - La Repubblica. edizione di Milano) Varare un «Registro delle unioni civili, comprensivo delle coppie dello stesso sesso che ne facciano richiesta». La proposta arriva oggi in consiglio comunale ed è già sottoscritta da un fronte bipartisan di 22 consiglieri. Altri 5 o 6 potrebbero aggiungersi in aula. Risultato: il Registro spacca trasversalmente i partiti, dal Pd a Forza Italia, e in aula assicura scintille tra cattolici e laici. Ma rischia (anche) di essere approvato.
Il Registro non potrebbe di certo dare quei diritti, ereditari ad esempio, che solo una legge nazionale (vedi Pacs, o Dico) potrebbe portare. Non sarebbe un riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, ma avrebbe un´ovvia portata simbolica. E si spera anche qualche effetto pratico per le coppie che, volontariamente, volessero iscriversi: garantirebbe gli stessi diritti di accesso ai servizi comunali delle coppie sposate. Cosa che oggi non sempre accade. Nelle graduatorie per l´assegnazione (e soprattutto nel mantenimento in caso di decesso di un coniuge) di una casa popolare le coppie non sposate sono svantaggiate. Oppure, in una serie di contributi dati dal Comune le coppie non sono tutte uguali: il recentissimo bando per dare soldi alle giovani coppie che devono comprare casa, per fare un esempio, è espressamente riservato a quelle «sposate».
Come andrà a finire in aula? Di certo sarebbe più che una sorpresa, nella Milano roccaforte della Cdl, arrivare a quel Registro che il Comune di Roma un mese fa non ha approvato. Sarebbe «un riconoscimento di pari diritti», per chi lo sostiene. Sarebbe «una scorciatoia per attaccare l´istituto della famiglia», per chi è contrario (o meglio, «contrarissimo») come Pasquale Salvatore dell´Udc. Scintille, appunto. Il punto di partenza è un documento, mediazione di tre testi diversi, e un lungo lavorìo diplomatico per costruire un fronte trasversale. Oggi tra i 22 firmatari 17 sono dell´Unione e 5 della Cdl. Il risultato è una mozione che arriva al voto in aula oggi, o nella prossima seduta di giovedì se si andrà per le lunghe. Il documento è un´iniziativa consiliare, "by-passa" la giunta Moratti. Ma se fosse approvato imporrebbe all´esecutivo di istituire il Registro. La premessa del testo è che «questo non vuol dire in alcun modo ledere il rispetto e la tutela del vincolo matrimoniale». E la prima firmataria, Patrizia Quartieri di Rc, presidente della commissione Pari opportunità, sottolinea che «il Registro serve a tutelare tutti, non certo a mettersi in contrasto con la famiglia». Tra i firmatari della mozione pro-registro c´è nientemeno che il capogruppo di Forza Italia Giulio Gallera: «Mi sembra una battaglia simbolica giusta da fare quando si parla di pari diritti». Tra i forzisti l´ala ciellina vede l´idea come fumo negli occhi, ma quella è solo una metà del partito. E dunque: «Forza Italia lascerà la più ampia libertà di voto». Come distanze e differenze al voto ci saranno nel Pd, dove il già diessino Pierfrancesco Majorino ripete che «la speranza è che ci sia una discussione serena, senza farsi travolgere dal corto circuito del dibattito sulla laicità». Impresa ardua. Il tema, si sa, è bollente e tanto più oggi, lontani dal Family day ma vicinissimi alla buriana della Sapienza. Non a caso Giovanni Colombo, cattolico del Pd che il documento però l´ha sottoscritto, consiglia che «sarebbe meglio rimandare il voto». Mentre contrario è Andrea Fanzago, ex Margherita: «Va bene parlare di allargamento dei diritti per tutti, ma il Registro non si può fare».

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