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giovedì 4 settembre 2008

Venezia. Arriva un esilarante Gassman dall'orgasmo precoce di Pappi Corsicato.

(Affari italiani) Si annuncia come un altro cult della Mostra del Cinema di Venezia: la scena dell'orgasmo "ritardato" di Iaia Forte nel film di Pappi Corsicato "Il seme della discordia". A differenza di altre sequenze "scabrose" passate al Lido, però, in questo caso siamo nel campo della commedia pura: si tratta di una sequenza volutamente esilarante, che - assicura il regista - strapperà risate agli spettatori.

La commedia è liberamente tratta da un romanzo di Heinrich von Kleist e racconta le gesta di un uomo e una donna sposati e lanciatissimi in due carriere sfolgoranti: lui è un rappresentante di fertilizzanti, lei una commerciante che ha ereditato una boutique dalla madre e che è in procinto di inaugurare un concept store. Un piccolo dramma squarcia la stabilità della loro relazione costringendoli a rimettere in discussione anche le loro apparentemente forti personalità: lei rimane incinta mentre al marito viene diagnosticata l'infertilità.

La scena in questione, ambientata in un negozio di fiori, vede protagonisti Iaia Forte e Alessandro Gassman: una donna afflitta dal problema dell’orgasmo ritardato mentre lui ha quello dell’orgasmo precoce. "Non abbiamo avuto difficoltà a copulare in piedi contro la porta di un bagno", ha detto la Forte in un'intervista... Nel cast è presente anche la bella Martina Stella, oltre alle "predilette" di Corsicato Cinzia Mirabella e Paola Iovinella.

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Gli europei più a rischio Hiv? La colpa è di Giulio Cesare.

EUROPEI PIÙ A RISCHIO AIDS? E' COLPA DELL'IMPERO ROMANO.
Una ricerca francese spiega come le ex colonie romane siano più vulnerabili al virus dell'Hiv.

(Leonardo Zellino - La7) Gli antichi romani oltre a sconfiggere i barbari riuscirono anche a distruggere - e per sempre - le loro difese immunitarie. E' sconvolgente il risultato di una ricerca francese, riportata dalla rivista New Scientist, che si è interrogata sul perché la resistenza al virus dell'HIV degli europei vari spostandosi lungo il Continente. Per i ricercatori sarebbe tutta colpa dell'Impero romano: i paesi che furono colonizzati da Roma, infatti, sarebbero più vulnerabili all'Hiv. E' questione di geni: nei paesi che hanno subìto più a lungo la dominazione romana, come Spagna, Grecia, e, ovviamente, Italia, il gene che offre una certa protezione dalla malattia dell'Aids è presente con un'incidenza molto più bassa che altrove. Le malattie portate dai legionari romani, è la spiegazione degli studiosi, colpivano soprattutto le persone portatrici del gene anti-Hiv, rendendole col passare del tempo sempre più vulnerabili all'Aids.
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Quel commissaro gay al "Distretto di polizia" di Canale 5 farà rinascere la serie?

(Davide Maggio - Foto: Delia Woelhert) Giovedi 4 settembre ritorna su Canale 5 Distretto di Polizia. Ebbene sì, dopo nove anni e otto edizioni, Distretto di Polizia ritorna con le solite premesse: nuove storie, nuovi personaggi, nuove avvincenti trame; e con un obiettivo preciso: arrestare la comprensibile, a tratti inevitabile (siamo all’ottava serie), parabola discendente che ha investito la serie.

Dopo lo scialbo commissario interpretato da Massimo Dapporto (ancora oggi sfuggono i motivi della scelta di un attore “anziano” in un cast e in una serie “giovane”), quest’anno il capo è Luca Benvenuto (interpretato da Simone Corrente), il poliziotto gay (”e venne il momento in cui il realismo lasciò spazio al pedagogismo”..) presente fin dalla prima edizione. Ad onor del vero, Luca è commissario pro-tempore in attesa che venga nominato il nuovo dirigente.

La consueta linea orizzontale, quella che negli anni ha caratterizzato Distretto, quest’anno appare più lineare e semplice ma comunque promettente. Infatti, l’elemento scatenante della “caccia ai cattivi” è… l’assassinio, nel bel mezzo di una rapina, di Irene Valli, ispettrice del X Tuscolano e fidanzata del collega Alessandro Berti (interpretato da Enrico Silvestrin). Ciò porterà ad un’inevitabile commistione tra sentimenti personali e doveri professionali capace di innescare nuove e interessanti dinamiche tra i poliziotti del Distretto.

A rimpiazzare la scomparsa del personaggio interpretato da Francesca Inaudi troviamo Anna Foglietta che interpreta Elena Argenti, vecchia amica di Irene, già vista nel finale della scorsa stagione. Elena, orfana di entrambi i genitori, vive insieme al fratello venticinquenne, Marco, in preda ad un improvviso e oscuro cambiamento. Marco, infatti, a causa di debiti di gioco è entrato a far parte di una banda di rapinatori ed è direttamente responsabile, o crede di esserlo, della morte di Irene.

L’agente Anna Gori (interpretata Giulia Bevilacqua), invece, dopo un momento difficile troverà un nuovo grande amore in un chirurgo interpretato dall’ex “fattore” Clemente Pernarella.

Distretto di Polizia, ad oggi, nonostante cali di ascolto e di consensi, resta un unicum nel panorama italiano della fiction poiché è più vicino (o forse meno lontano) di altra serialità nostrana agli standard americani: ha (o ha avuto?) infatti personaggi ben definiti, cast azzeccato, storyline coinvolgenti. Non è chiaramente esente da difetti, come la prevedibilità o poca credibilità delle dinamiche tra i personaggi (esempi? un posto di lavoro dove sembrano quasi non esistere gerarchie, le storie d’amore tra colleghi) o l’eccesso di “politically correct” ( tutti buoni e bravi i nostri poliziotti, il gay poco “gay” sempre sul punto di “redimersi” sulla via dell’eterosessualità) è giunto all’ottava serie, record per una fiction lunga italiana.

A tal proposito si spera che l’accanimento terapeutico che Canale 5 ha riservato ad alcune serie prolungate all’inverosimile (Carabinieri su tutte) non si verifichi. Attualmente la serie, nonostante la suddetta crisi, gode ancora di discreta salute: gli ascolti seppur in calo sono al di sopra delle media di rete, uno zoccolo duro di spettatori la rende un buono strumento di controprogrammazione e alcune potenzialità inespresse potrebbero dare nuova linfa alla serie (ad esempio potrebbe diventare più “dura”). Certo è che se non si “invertisse la rotta” una scelta sensata potrebbe essere quella di varare una stagione conclusiva in modo da non cancellare ciò che di buono è stato fatto negli anni.

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Troppa legggerezza? Quando il gay diventa "velina".

(Max Forte) Queerblog a parere nostro nel suo articolo "Il vigile gay, la disinformazione e la sanzione" su Fabrizio Caiazza tratta l'argomento in modo troppo leggero, superficiale, omettendo un fatto particolarmente importante, anzi, fondamentale e mettendosi loro stessi dalla parte di chi disinforma.

Manca un pezzo.
Il nostro simpatico ghisa, forse per ingenuità o forse per furbizia sua o di qualcun'altro (in quest'ambiente c'è sempre un furbacchione..) ha posato con la divisa d'ordinanza per la foto di copertina di Clubbing di maggio (che vedete sopra e che potete scaricare qui, qui e qui).
Ma non solo, un articolo all'interno, a pagina 40, aveva il titolo che recitava in questo modo; "Fabrizio Caiazza in divisa". Tutti noi sappiamo quanto la divisa "titilli" l'immaginario gay ed il titolo, contava probabilmente soprattutto su quello. Un articolo che, a dire la verità è abbastanza insipido e non gli fa certo un bel servizio ma dove però compare anche l'indirizzo della pagina su Gaydar del nostro vigile con un nick particolarmente indicativo nonchè evocativo: Poliziottobonomi. Ci sembra quindi di capire che il nostro vigile forzi un poco la mano sul suo essere un membro delle forze dell'ordine... Oh no?

Clubbing nell'ambiente gay milanese è un giornaletto particolarmente conosciuto, è un mensile distribuito gratuitamente un pò dappertutto, locali, saune, circoli culturali, pornoshop, ecc. Probabilmente a voi è sfuggito quel particolare di una certa rilevanza della foto del nostro vigile in divisa.
E domandiamo se questo secondo voi non è grave? La divisa si indossa in servizio e non per andare al bar o in un supermercato o ad un ballo mascherato ne tantomeno in un "un servizio fotografico" a meno che questi non sia stato preventivamente concordato con i propri superiori o con l'ufficio stampa del Corpo dei Vigili Urbani. Ciò che fa in borghese il nostro simpatico, e lo ribadiamo probabilmente ingenuo vigile, sono sacrosanti affari suoi, ma ciò che fa in divisa no.

Caiazza è un Vigile Urbano con tanto di numero di matricola, divisa e quindi obblighi precisi contemplati in un regolamento che ha sottoscritto all'atto del suo arruolamento. Cerchiamo di mettere parole e fatti al proprio posto, il nostro vigile non è una velina e come tale deve essere lui il primo a rispettare e difendere le sue prerogative, insegne, doveri e diritti e tra i suoi diritti non c'è quello di trattare la divisa come un generico capo d'abbigliamento del suo guardaroba personale. Quella divisa non è sua è del Corpo dei Vigili Urbani dei milanesi e tra questi anche i gay milanesi.

Insomma informatevi ed informate meglio. Per quanto riguarda il futuro di Fabrizio Caiazza se incorre in qualche sanzione o guaio ben peggiore non possiamo che concludere con questa considerazione: Se l'è cercata e soprattutto stia attento ai furbacchioni! A lui comunque la nostra simpatia e solidarietà umana.
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Aggiornamento.
La foto che è comparsa sulla copertina di Clubbing, pare facesse parte di un servizio fotografico commissionato dal Corpo dei Vigili Urbani di Milano per il loro calendario 2008. A l corpo negano che Caiazza ne abbia fatta esplicita richiesta per il loro utilizzo. Il che aggrava ulteriormente la posizione di Fabrizio Caiazza e forse tira in ballo giudizialmente anche l'editore di Clubbing.

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Al via il Bergamosex, tra pornostar e solidarietà.

Il Patron di Mr. Gay Italia, Corrado Fumagalli, ci riprova anche nel 2008!.
Lo scorso anno erano scoppiate delle polemiche e prima ancora la protesta di alcuni cittadini di Cologno al Serio, poi il “no” di Emergency alla devoluzione dell'incasso a loro favore con questa motivazione: “Non possiamo accettare la vostra generosa offerta, decisione presa dopo un'attenta valutazione delle problematiche che sappiamo potrebbero sorgere intorno a una nostra partecipazione alla manifestazione”. Sembrava che tutto e tutti ce l'avessero con il povero Fumagalli e il suo Bergamosex, che comunque andò dritto per la sua strada e la kermesse erotica fu ovviamente un successo. Così, questo week-end si replica: da venerdì 5 a domenica 7 settembre, il conduttore della trasmissione Sexy Bar e le sue star torneranno con spettacoli, dibattiti e premi nella migliore tradizione della loro tv piccante. Tutto l'incasso del Bergamosex andrà all'onlus Italia-Salvador.

Il sesso si sà crea attenzione, morbosità e scandalo e quindi anche quest'anno la storia si ripete: “Le polemiche si sono fatte sentire – si legge sul sito di BergamoSexgli oppositori perbenisti di Bergamosex hanno abbandonato la linea provocatoria dello scorso anno cercando mezzi più efficaci. Per contrastarci stanno ancora raccogliendo firme tra i cittadini di Cologno al Serio bussando alla loro porta”.

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Napoli, Piazza Bellini: Graffiti e sfotto ai gay.

(Luca Marconi - Il Corriere del Mezzogiorno) Ci hanno provato ad avvicinarli, nel vero senso della parola, senza «saperli in guerra», almeno due fotografi napoletani, Mario Spada e Nicolas Pascarel, con qualche successo. Ed un giovane scrittore che si è infiltrato in Curva B, Angelo Petrella. E l'elenco si esaurisce qui. Vivono (anche) ai margini dei caffé di piazza Bellini, i ragazzi dei quartieri che si riconoscono nel tifo ultrà. Più o meno rispettosi degli esercenti, ma a modo loro: pronti, come è successo, anche ad intervenire in modo violento per sedare una chiassosa rissa tra avventori o peggio, una lite tra un cliente ed il titolare di un bar, da «proteggere » anche se il favore non è richiesto, perché la piazza è casa loro. L'emiciclo del centro storico, come tanti altri angoli della città, da Porta Capuana al corso Vittorio Emanuele e persino la scogliera di Mergellina, mostra un grande marchio dei Mastiffs davanti alle rovine romane. Fino a dieci anni fa, negli anni del recupero autonomo della piazza, poco prima del restyling comunale e dell'ennesima polemica sul progetto di Uberto Siola, gli avventori usavano termini come «integrazione», «dialogo », «marginalità» in riferimento ai tifosi. Poi sono apparsi striscioni contro i gay (nel 2003) e da allora in piazza si sono ripetutiti episodi di aggressione ai danni dei «diversi», ai quali hanno fatto seguito marce e proteste. La premessa non è delle migliori, ma eloquente: un giovane senza Santi, senza aspettare domande si fa: «Ma tu, sai cos'è il panico?». Probabilmente no. Fine delle comunicazioni. Nella notte tra sabato e domenica è stata sfregiata una ragazza diciannovenne, «rea» di aver vistosamente baciato un'amica. «Circola troppa droga — non ne fa mistero nemmeno un esercente che si guarda bene dal rivelarsi —. E allora può capitare che una ‘‘stranezza'', come il bacio tra due lesbiche, scateni un violento su di giri più del solito ». Contro la coppia è stato scagliato un bicchiere che ha ferito al volto una delle due. Un gestore, poi, avrebbe anche sconsigliato la denuncia, nel tentativo di preservare l'equilibrio della piazza. Gli ultrà però, questa volta potrebbero anche non centrare per niente: ne sono convinti un consigliere municipale ed un avvocato che ha assistito all'aggressione: le ragazze sarebbero state aggredite da un ex parcheggiatore, dicono. La piazza intanto si spacca: tra chi considera i sedicenti tifosi «animali» di cui avere paura, protocamorristi che «tengono in ostaggio i locali » e chi sdrammatizza e invece mette sotto accusa Comune e borghesia, sottolineando come ai residenti del centro storico non sia riservata mai una fetta di torta, nessuna partecipazione. Dice Attilio Wanderlingh, patron del caffé-casa editrice Intra Moenia, tra i protagonisti della rinascita della piazza: «Abbiamo un rapporto di dialogo coi giovani del posto come lo deve avere l'intera città, ma ha il limite preciso ed invalicabile del reciproco rispetto. Purtroppo negli ultimi dieci anni è venuto a cadere un tessuto di volontariato laico e cattolico e di associazionismo che cementava questa società, tantissime realtà sono scomparse proprio nel centro antico, con le sezioni di partito e gli ambientalisti. Una tabula rasa che interrompe ogni comunicazione». «Ma l'errore della dirigenza della città e probabilmente anche nostro — continua Wanderlingh — è che questi strati sociali non sono coinvolti nello sviluppo turistico. Pensiamo all'artigianato artistico: da anni se ne annuncia il recupero con l'immissione in un circolo virtuoso. I pochi guadagni non appartengono agli indigeni, per i quali turismo e commercio non sono fonte di guadagno se non con atti predatori. Non siamo riusciti ad impiegarli nelle attività più umili, i nostri lavapiatti e trasportatori sono studenti. Sono per una posizione netta, ferma e decisa di controllo preventivo ma anche di rapporto culturale ed economico. L'una cosa senza l'altra è velleità: se offri solo il bastone hai perso, solo la carota è uno spreco. Le cooperative fasulle, ad esempio, quella è carità». Il regista Vincenzo Maria Lettica è tra i più assidui frequentatori di piazza Bellini: «Fanno paura, non c'è verso. Ma sono anche giustificabili, tenuti fuori da tutto come sono». Come anche il sassofonista Daniele Sepe: «Io non esagererei, piazza Bellini non fa eccezione dal resto di Napoli, a parte qualche episodio violento la convivenza mi sembra abbastanza buona e poi i graffiti a me non dispiacciono, una città senza graffiti è triste. Questi ragazzi abitano qua, questa è casa loro, ma sono tenuti al margine di tutto, non si tratta di fare il buonista, le cose stanno così. Poi a me che vivo da sei anni al centro storico non è mai successo nulla, sarà che vado in giro stracciato, ma una volta sola sono stato rapinato, della videocamera, è successo a Bolzano e non ho potuto presentare la denuncia: un napoletano rapinato a Bolzano, sai che scuorno ». Ed il consigliere municipale Pino De Stasio, titolare di un bar: «Ogni sera a via Costantinopoli ci sono pattuglie dell'esercito e dei carabinieri, il centro è controllato, io stesso sono stato fermato un paio di volte. Quel che è accaduto alle due ragazze alle due di notte ha che fare con un'altra vicenda, di razzismo ed omofobia, e qui si dovrà rispondere prontamente con una nuova marcia. E di sicurezza: evidentemente la piazza richiede anche controlli notturni ». Ci hanno provato, a gennaio scorso, i dipendenti comunali a cancellare le scritte degli ultras almeno dalla facciata di San Lorenzo Maggiore, su richiesta di un consigliere di quartiere sconcertato dalle proteste di una scolaresca del Nord: «Ma non è stato possibile pulire — ammette il consigliere —. Ed i comunali non hanno alcuna intenzione di riprovarci».

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Il "branco" e gli "indifferenti" ecco il racconto del raid omofobo. Si innescano le polemiche.

Piazza Bellini. Parlano le ragazze lesbiche vittime dell'aggressione di venerdì: Una di loro è stata sfregiata. "Erano in tre, ci hanno inseguito, picchiato e minacciato. Ma nessuno ci ha teso un amano.

(Amalia De Simone) "Pronto? Siamo noi.. le ragazze aggredite in piazza Bellini.
Grazie. Grazie soprattutto per averci cercate. È stato peggio di quello che si detto: erano in tre, ci hanno inseguito, picchiato e soprattutto nessuno ha alzato un dito per aiutarci. Non sappiamo cosa fare: possiamo incontrarvi?». Una mail e poi una telefonata all'Arcilesbica. Alla fine si sono fatte vive. Gli appelli delle attiviste dell'associazione partiti subito sul web e sui giornali, il tam tam tra gli amici, non sono stati inutili e già martedì sera quattro ragazze e un ragazzo della comitiva vittima dell'aggressione avvenuta tra venerdì e sabato, erano insieme al direttivo di arcilesbica per chiarire quanto accaduto.
Nella cucina di una delle componenti del direttivo dove, per motivi di privacy e sicurezza è avvenuto l'incontro, si avvertiva lo stesso calore e lo stesso senso di protezione di una famiglia: le ragazze hanno fatto quadrato intorno alle nuove arrivate, le hanno ascoltate a lungo, consigliate e alla fine hanno discusso su come concretamente “reagire” a questo nuovo, anzi ormai rituale, vergognoso caso di omofobia.

La prima a prendere la parola è Livia (il nome è di fantasia per ragioni di riservatezza), ha solo 19 anni e una parlantina da dieci parole al secondo. Nel suo racconto la tensione da “arancia meccanica” e una storia di ordinaria indifferenza. «Tutto è cominciato quando un gruppo di ragazzi trasudanti alcool, ha notato la nostra comitiva composta quasi tutta da donne. Cercavano, a modo loro e quindi insistentemente, un approccio.
Noi glissavamo, proprio per evitare problemi. Allora ci siamo spostate ad un tavolo di un pub ma loro ci hanno seguite e anche lì hanno continuato con osservazioni pesanti. Ad un certo punto uno di loro ha esclamato “Ma non lo vedi che queste sono lesbiche" Ora ve lo faccio vedere io il pisello!” Si è abbassato i pantaloni e ha cominciato ad inseguire la mia ragazza per i tavoli. Poi si è incazzato e ha afferrato bicchieri e altri oggetti a portata di mano. Ce li ha scagliati contro. Una pinta si è infranta contro la ringhiera che delimita l'area archeologica e un coccio ha colpito al viso una di noi. Sanguinava ed eravamo terrorizzate da tutta quella violenza. Anche altri due avevano cominciato a colpirci, tutti guardavano senza far nulla, così ci siamo rifugiate all'interno del pub. Non riuscivamo più ad uscire, urlavano, ci minacciavano e quindi abbiamo chiesto ad uno dei gestori del locale di chiamare la polizia. Lui però ci ha risposto che non l'avrebbe fatto, che era inutile e inopportuno creare tanto clamore, soprattutto perchè gli aggressori sono degli abituè della piazza ed era meglio non avere conti in sospeso con loro. Io invece ci ho provato ma ero nel pallone e così ho digitato il 118. Mi hanno fatto tremila domande e allora ho lasciato perdere anche perchè nel frattempo si erano avvicinate alcune loro amiche che con tono intimidatorio ci invitavano a mettere via i cellulari. Eravamo arrivate con due auto e invece siamo fuggite via infilandoci in fretta in una sola macchina. Abbiamo passato la notte a litigare tra di noi aspettando che le amiche ferite tornassero dal pronto soccorso. La ragazza sfregiata non ha voluto farsi mettere i punti ma il taglio era profondo e non ha potuto evitare altri tipi di sutura. Ora lei non è a Napoli, ma appena torna la inviteremo a sporgere denuncia. Noi pensavamo che non servisse a nulla ma ci hanno convinto le ragazze dell'arcilesbica, le uniche ad esserci state davvero vicine».
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Omerta?
"Sfiorato il favoreggiamento. Tradite dal gestore del pub".
"Quella che si è vista a piazza Bellini è una connivenza che sfiora il favoreggiamento. Scoraggiare, impedire alle ragazze di chiamare la polizia, evitare qualsiasi intervento per non avere “conti in sospeso” con gli aggressori è più che vile. Un'indifferenza che però non ci aspettavamo dal gestore
del pub in cui si sono rifugiate le ragazze: lì avevamo una convenzione e ci aspettavamo che condividesse le nostre “cause”. Ci sentiamo tradite. Non lasceremo la piazza ma cercheremo un posto che ci garantisca non solo la sicurezza ma anche quel rispetto che il locale che per mesi abbiamo frequentato abitualmente ci ha indecorosamente negato".

Dopo aver ascoltato il racconto delle ragazze vittime dell'aggressione omofoba, le attiviste dell'arcilesbica lanciano ancora un affdo alla cosiddetta società civile. L'associazione, insieme con Arcigay, IKen e Mit, da oltre un anno collabora con il comune di Napoli per realizzare una serie di iniziative a favore dell' integrazione, della sicurezza e della solidarietà. Una delle proposte per cui si sono a lungo battute e che sperano di ottenere è l'attivazione di un numero verde.
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Polemiche?
L'inspiegabile rivalità.
La notizia del raid omofobo è rimbalzata su vari forum e blog. Mentre l'Arcilesbica si dava da fare per conttare le vittime, su alcuni siti di "genere" comparivano commenti per screditare e scoraggiare l'operato dell'associazione.
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Ndr. Non sappiamo se il trafiletto riportato sopra siano le considerazioni della cronista o siano state ispirate da Arcilesbica. Tra l'altro non sappiamo a chi è rivolto.
Sono parole dal sapore particolarmente polemico e vagamente strumentale.

Se l'Arcilesbica napoletana ha qualcosa da lamentare, recriminare, denunciare o da dire che lo faccia direttamente dal suo sito, questa è anche l'occasione buona per rimetterlo in movimento visto che nella home page non si da neppure la
notizia di questa aggressione (vedi sopra) e l'ultimo aggiornamento pare essere del giugno scorso... e non se ne trova traccia neppure su un giornale aperiodico sempre dell'Arcilesbica di Napoli fermo al maggio 2006!

"E' una sciocchezza", qualcuno potrà ribattere, la concretezza è altro. Possiamo anche essere d'accordo ma molte volte la "sciatteria" allontana anzichè avvicinare può far credere che quegli strumenti non siano funzionanti dando una cattiva immagine. Non basta un forum, grazie al cielo, particolarmente attivo e discuterne, il sito è un'immagine istituzionale e l'istituzione a quel che si vede, non da alcuna notizia di un fatto così grave. (Aspis)

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Reazione. "Agenti gay, sconveniente per l’immagine della polizia".

Un funzionario di polizia parla di ‘Polis Aperta’, associazione omosessuale di operatori delle forze dell’ordine e dell’esercito, la cui assemblea fondativa si terrà in città: "Io, uomo di Stato, mi sento profondamente a disagio".

(Enrico Barbetti - Il Resto del Carlino) Un funzionario di polizia rompe il silenzio sul meeting di ‘Polis Aperta’, associazione omosessuale di operatori delle forze dell’ordine e dell’esercito la cui assemblea fondativa si terrà a Bologna il prossimo 26 settembre. All’annuncio del presidente Nicola Cicchitti, finanziere triestino, hanno fatto seguito il plauso di numerose associazioni gay e l’imbarazzata indifferenza delle istituzioni, a cominciare da quelle in cui si anniderebbe la strisciante ‘omofobia’ che ‘Polis Aperta’ si propone di combattere.

Franco Segala, comandante della sottosezione polizia stradale Bologna Sud di Casalecchio, ha preso carta e penna e in una lettera al Carlino ha espresso il suo dissenso all’iniziativa, partendo dal presupposto che in tanti la pensano come lui senza esporsi per il timore di apparire reazionari o sessisti. "Ho letto che a Bologna il 26 settembre prossimo si terrà il primo meeting dei poliziotti gay — scrive Segala —. Io ritengo che nella nostra democrazia siano normativamente tutelate le varie espressioni sessuali e che l’omosessualità sia ormai una presa di coscienza sociale. Comprendo il disagio che in talune circostanze i gay possono incontrare, ma ciò non giustifica il loro atteggiamento da piazza".

Per il dirigente, "un meeting a Bologna è sconveniente per l’immagine degli uomini della Polizia di Stato e di tutte le forze dell’ordine. Io, come uomo dello Stato, mi sento profondamente a disagio per questa iniziativa gay di uomini in divisa; se vogliono riunirsi lo facciano pure ma non sotto il nome della polizia. Le associazioni gay sono presenti ovunque nel nostro paese: vadano in quelle già esistenti, ma abbiano rispetto per quei poliziotti che hanno ancora in questa società il valore dello Stato e della famiglia tradizionale".

"Io spero vivamente — conclude la lettera del poliziotto — che qualcuno fermi questo irrefrenabile delirio che nella nostra società sta assumendo toni imbarazzanti". Gli iscritti a ‘Polis Aperta’ sono 200 in tutta Italia. "Per molti di noi — spiegano i portavoce — il timore non è quello di una ritorsione violenta quanto della discriminazione strisciante; e il disagio per il machismo quotidiano che chi è in divisa è costretto a vivere". La scelta di Bologna come luogo del primo meeting ufficiale non è affatto casuale: oltre che culla del movimento gay nazionale, la città delle Due Torri ha ospitato le prime riunioni ‘carbonare’ del gruppo, a casa di Franco Grillini.

"Questo convegno ci consentirà di porre al ministero dell’Interno questioni già sollevate più volte nel corso degli anni — ricorda Grillini —. Il primo incontro di cui ho memoria risale al lontano luglio 1987". Ne seguirono altri, tra cui "il 19 agosto 1994, quello con l’allora ministro Maroni, che disse ‘sì’ a tutta la nostra piattaforma: speriamo che nel frattempo non abbia cambiato idea". A ospitare l’assemblea sarà il circolo Arcigay ‘Cassero’, come conferma il presidente Emiliano Zaino, che esprime "soddisfazione per l’apertura in un ambiente tanto ostico a questo tipo di tematiche: fino a poco tempo fa sarebbe stato impossibile pensare a un’associazione gay che nasce fra i lavoratori delle forze di polizia e dell’esercito".

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