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domenica 6 gennaio 2008

Preti pedofili. Cosenza, Corte di Appello conferma condanna di Padre Kevin Chukwuka.

Interdetti dalle funzioni religiose i due sacerdoti della Curia cosentina. Il presule annuncia una rivoluzione etica e una fase di penitenza e preghiera. Una dimostrazione plastica di voler voltare pagina e di riaffermare la primazia dell’etica.

(Mario Campanella - La Provincia cosentina) Monsignore Salvatore Nunnari (nella foto) ha sospeso a divinis Padre Kevin Chukwuka e Don Alfredo Luberto. Entrambi i sacerdoti non potranno più amministrare i sacramenti, essendo il provvedimento sospensivo intercorrente e immeditamente esecutivo.
Il provvedimento è stato firmato circa un mese fa, ma nessuna notizia è trapelata dalle stanze di Piazza Parrasio. Padre Chukwuka è stato condananto in primo e secondo grado per molestie sessuali nei confronti di una bambina di Acri. Una vicenda gravissima considerato che il sacerodte nigeriano era parroco di una delle più importanti chiese del comune. Don Alfredo Luberto, invece, amministratore della Fondazione Papa Giovanni XXIII, si trova ancora agli arresti domiciliari, dopo gli arresti avvenuti lo scorso luglio, per le gravi accuse di malversazione relative alla sua gestione.

Per il sacerdote di colore si profila la possibilità concreta di un allontanamento definitivo dalla Chiesa qualora la Corte di Cassazione dovesse rendere certa la condanna a due anni inflittagli dal tribunale di Cosenza e confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Per Luberto, invece, si profilano le dimissioni volontarie, anche in relazione al fatto che il sacerdote cosentino ha confermato agli inquirenti gran parte delle contestazioni addebitategli. I provvedimenti di sospensione segnano una svolta nell’azione di Mons Nunnari. Una svolta certamente positiva, con l’immagine di una Chiesa che non vuole più rimuovere i suoi problemi, ma affrontarli direttamente e superarli, ribadendo la primazia dell’etica nella gestione quotidiana della Chiesa. Il terzo sacerdote sospeso in un anno (Padre Fedele Bisceglie è stato interdetto direttamente dal suo ordine monastico, come prevede il diritto canonico) chiude il cerchio di un bilancio non certo meritevole, ma di cui (è opportuno ricordarlo) l’attuale Vescovo non ha colpe. Lo scandalo del Papa Giovanni, che ha colpito una struttura diretta della Chiesa (compreso il laicato), ha riguardato uomini e nomine che appartenevano al suo predecessore, Giuseppe Agostino. Il lungo proclama contro l’usura, male che affligge nel cuore la sua città, è la testimonianza di una volontà precisa di non tacere e di alzare sempre di più la voce contro settori precisi dei colletti bianchi. Nunnari è un uomo intelligente, che sa distinguere la zizzania dalla buona erba. Pe rquesto ha riferito ad Eugenio Facciolla nomi e circostanze sulle pressioni che ha subìto per l’affidamento della struttura di Serra Aiello. Pressioni inutili, atteso che la struttura non è stata data a nessuno. Una nuova pagina, forse, si prospetta per la chiesa cosentina.

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Unioni di fatto attenti alle truffe.

(Il Giornale) Caro Granzotto, le premetto che sono una madre di famiglia, cattolica osservante ed elettrice di destra. Nell’alloggio al piano sopra il mio abita, ormai da sette anni, una coppia di gay. Il loro comportamento non ha mai suscitato proteste nel nostro numeroso condominio, costituito da inquilini di ogni ordine sociale, da famiglie numerose, da single, giovani e anziani...
La coppia alla quale mi riferisco non ha mai fatto niente per nascondere la propria scelta. Col tempo abbiamo stretto amicizia, ci scambiamo piccoli favori (uno dei due è un mago del computer ed è stato preso come consulente da tutto il palazzo) e commissioni. Per fargliela breve mercoledì scorso, il primo dell’anno, mio marito ed io siamo stati invitati a pranzo. Le confesso che è stata una sorpresa e mi sono resa conto che la loro è una vera e propria coppia, è una vera e propria famiglia con i suoi ruoli. Nessun atteggiamento e nessun discorso «da gay», ma semplicemente un contegno, un modo di agire e di fare assolutamente identico a quello di una coppia eterosessuale. Fu allora che mi resi conto di quanto ingiusto fosse il rifiuto ad una legge che legittimi le coppie di fatto. Chi vi si oppone evidentemente pensa che i gay siano quelli sguaiati e insolenti delle sfilate del gay pride, ma non è così e io lo posso confermare. Il matrimonio no, è un sacramento che unisce un uomo a una donna, ma una forma di unione civile dovrebbe essere garantita alle coppie omosessuali che hanno formato o intendono formare una famiglia. Lei cosa ne pensa?

Mi dico subito d’accordo, gentile lettrice, nella condanna della rappresentazione caricaturale che gli omosessuali (non tutti, ovviamente e per fortuna) danno di loro stessi. Facendo di Mario Coruzzi - Platinette per intenderci - un divo del suo show, Maurizio Costanzo intendeva sicuramente concorrere a smentire l’opinione, abbastanza comune, che l’omosessualità costituisca qualcosa di «diverso». Inutile aggiungere che ha ottenuto il risultato opposto perché la sua Platinette fece di tutto, ma proprio tutto, per sottolineare una diversità che non esito a definire iperbolica. Non credo, però, che sia questa la ragione delle difficoltà che incontra l’adozione di una legge che tuteli le unioni omosessuali, quanto piuttosto gli ostacoli che si frappongono alla sua applicazione. Il primo è che finirebbe per essere discriminante, cioè quanto di peggio si possa immaginare in piena cultura del politicamente corretto. Il secondo, ma non meno ingombrante ostacolo, è che di riffa o di raffa si renderebbe necessaria una verifica, il riscontro della reale sussistenza di un rapporto omosessuale. E, come dicono a Napoli, nun è cosa.

Non resta quindi che allargarla a tutte le coppie di fatto o anche a quelle fattesi lì per lì, sia etero che omosessuali. In tal caso si corre però il (serio) rischio che la legge diventi strumento per gabbare lo Stato, cioè noi. Cosa impedirebbe ad un anziano pensionato di costituire una coppia di fatto col giovane nipote del suo carissimo e squattrinato amico così che il ragazzo possa godere a vita dei benefici derivanti dalla reversibilità della pensione? O per ottenere con più sveltezza un alloggio di edilizia pubblica? O per consentirgli la successione nel contratto di locazione? O il trasferimento da una sede di lavoro all’altra? Lo so, gentile lettrice, a veder le cose così si pensa male. E dunque si fa peccato. Però, come diceva quel diavolo d’un Andreotti, ci si azzecca.

Paolo Granzotto

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Hollywood. Johnny Depp è la star più pagata.

Con i 95 milioni di dollari guadagnati in 12 mesi, da giugno 2006 allo stesso mese del 2007, è la star di Hollywood più pagata. L'attore guida l'ambita classifica seguito da Brad Pitt e Tom Cruise. Tra le donne in testa resta la sempre affascinante Nicole Kidman.

(Quotidiano.net) Johnny Depp con i 95 milioni di dollari guadagnati in 12 mesi da giugno 2006 allo stesso mese del 2007 è la star di Hollywood più pagata.

Secondo il sito web 'Extra.tv' della Warner Bross il pirata dei Caraibi guida l'ambita classifica seguito da Bradd Pitt e Tom Cruise. Al club da 20 milioni di dollari a film appartengono anche Will Smith, Vince Vaughn, Will Ferrel, Ben Stiller.

Tra le donne in testa resta la sempre affascinante Nicole Kidman, preferita a Angelina Jolie, Jennifer Aniston, Jiulia Roberts e Scarlett Johanson.

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Anna Frank diventa un musical. "Anche così si tiene vivo il ricordo". Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Calderon di Madrid da fine febbraio.

La prima produzione con il sì ufficiale della Fondazione intitolata alla ragazza.
Il produttore: "Ho promesso a mio figlio di onorare la memoria di un simbolo della lotta alla xenofobia e per i diritti dei bambini".

(Alessandra Vitali - La Repubblica) E' la voce più conosciuta della Shoah, un'icona tragica, una conoscenza condivisa attraverso la traduzione in sessanta lingue e quaranta milioni di copie vendute. E anche se riesce difficile associare Il Diario di Anna Frank a un musical, forse - come accaduto con tante opere che raccontano il dramma, da Schindler's List a La vita è bella a Train de vie per citare i titoli più celebri - è anche una strada per evitare che l'orrore finisca nell'oblìo. Questo è uno dei motivi che hanno spinto il regista Daniel Garcìa Chavéz a portare in scena, al Teatro Calderon di Madrid, dal prossimo 28 febbraio, El Diario de Ana Frank, un Canto a la Vida, primo musical autorizzato dalla Fondazione che cura il ricordo della ragazza ebrea.
Protagonista dello spettacolo la tredicenne cubana Isabella Castillo /nella foto), scelta fra 800 giovani attori e cantanti selezionati su internet, che durante una presentazione informale del musical ad Amsterdam, proprio nella casa-museo, ha detto di sentire "qualcosa in comune" con Anna Frank: figlia di un'esule fuggita da Cuba, la cantante Delia Diaz de Villegas, Isabel ha vissuto in Belize con la madre nascondendosi, in attesa di poter raggiungere Miami, dove oggi vive. "Non potevamo fare rumore, avevamo paura che la polizia ci trovasse - ha spiegato - non è la stessa storia dei Frank, ma ha qualcosa in comune con essa".
Anna Frank sapeva di avere il dono della scrittura, e aveva riveduto e ricorretto più volte "Kitty" - così aveva deciso di chiamare il suo Diario - nei primi anni Quaranta, durante la segregazione nella casa di Prinsengracht, ad Amsterdam. L'intenzione era quella di pubblicarlo durante la guerra. Un sogno che non riuscì a realizzare, così come non poté assistere alla trasposizione teatrale della sua vita, messa in scena nel 1955 dal drammaturgo americano Alfred Hackett.
Quattro anni dopo, sarebbe stato un compatriota di Hackett, George Stevens, a utilizzare quell'adattamento per realizzare The Diary of Anne Frank, film da tre Oscar uno dei quali, quello vinto da Shelley Winters per il ruolo di Petronella Van Daan, oggi esposto nella casa-museo sui canali di Amsterdam.
Negli anni Ottanta Steven Spielberg cercò di riportare la storia al cinema ma non riuscì a ottenere i diritti, sebbene membro di una famiglia ebrea ortodossa decimata dai nazisti. Per raccontare la tragedia girò nel 1993 The Schindler's List, anch'esso pluripremiato agli Oscar. E comunque, fu lui a finanziarie alcuni recenti lavori di ristrutturazione e ampliamento della casa-museo.
"Questa versione rispetta il messaggio di tolleranza, insito nella tragedia, che a noi interessa tener vivo" spiega Jan Eric Dubbelman, capo del Dipartimento internazionale della Anne Frank Foundation in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais, motivando così la decisione del via libera al musical. "Il fatto, poi, che sia in lingua spagnola - aggiunge - può contribuire a far conoscere la figura di Anna Frank al mondo latinoamericano, una comunità che ha sempre dimostrato grande interesse nei confronti della sua storia".
Quanto ai realizzatori dell'opera, Rafael Alvero, direttore generale della Federaciòn de Cines de Espana e produttore esecutivo del musical, racconta: "E' stato un lavoro al quale ho dedicato dieci anni, tanti ne sono serviti per convincere la Fondazione a dare il via libera al progetto. Ma anche la realizzazione di una promessa fatta a mio figlio, quella di mantenere vivo un simbolo della lotta alla xenofobia e per i diritti dei bambini, qual è Anna Frank".

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Una fan pericolosa. Spasimante minaccia di morte Howard dei Take That.

Una spasimante 'esagerata', che si fa chiamarte Kendra, da qualche tempo controlla ogni suo passo e gli invia mail al vetriolo.

(Quotidiano.net) Howard Donald? Irresistibile. Ultimamente, però, questa caratteristica non gli giova. Uno dei quattro Take That 'residui', che negli anni '90 sfoggiava un'indimenticabile chioma rasta, avrebbe infatti ricevuto minacce di morte da una spasimante quantomeno 'esagerata'.

La donna - secondo quando raccontato - si fa chiamare Kendra e da qualche tempo controlla ogni suo passo e gli invia mail al vetriolo. L'indiscutibile fascino dell'artista - soprannominato The Body - sembra aver fatto scattare un meccanismo ossessivo nella mente della sua ammiratrice. 'Tutto è iniziato alcuni mesi fa - rivelano alcune fonti vicine alla pop star - quando la donna ha cominciato a presentarsi ad Howard come la sua futura moglie. Kendra ha cominciato a seguire la band ovunque si spostasse, e a presentarsi puntualmente in ogni albergo in cui il gruppo si trovasse ad alloggiare'.

Più tardi l'esasperante ammiratrice è diventata un vero e proprio problema e ha più volte minacciato di morte il povero Howie, che sta pensando di rinforzare i suoi addetti alla sicurezza.
Nel corso della loro carriera, i Take That sono stati spesso molestati da fan ossessive. Lo scorso mese, a Londra, è dovuta intervenire la sicurezza per bloccare una fan che tentava di fare irruzione nella stanza in cui si trovavano i ragazzi.

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Soldi per tutti, anche i Re Magi hanno sovvenzioni nell’Italia degli sprechi.

(Paola Setti - Il Giornale) Alzi la mano chi conosce San Cromazio d’Aquileia. E anche chi, con tutto l’affetto per Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, destinerebbe 235mila euro in tre anni al Viaggio dei Re Magi. Lo Stato italiano ha la mano alzata, anzi in tasca, da dieci anni, per finanziarli. Insieme a una lunga serie di personalità a volte note, altre sconosciute, e di eventi culturali grandi e piccoli spesso piccolissimi.
Dal 1997, i governi che si sono succeduti hanno speso qualcosa come 67 milioni di euro, più o meno 130 miliardi di vecchie lire, per sostenere le attività di 158 Comitati Nazionali, in un crescendo che non accenna ad arrestarsi, visto che se nel ’97 erano solo 8 le iniziative accolte, nel 2006 erano ben 29. L’elenco è infinito: 262mila euro per il centenario di Giosuè Carducci, più o meno altrettanti per celebrare i 550 anni dalla morte del Beato Angelico o i 50 anni dei Trattati di Roma sull’integrazione europea.
E fin qui. Ma non mancano casi decisamente curiosi, come il Comitato per il Viaggio dei Re Magi, o contributi per celebrare personalità come il filosofo di Modica Carmelo Ottaviano. In base ad una legge del 1997, spiegano alla Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del ministero dei Beni Culturali, lo Stato destina ogni anno a Comitati ed Edizioni Nazionali (edizioni di opere di autori del passato considerati benemeriti della cultura) un totale di solito poco inferiore ai 7 milioni di euro (6.713.940; nel ’97 furono 13 miliardi di lire), finanziamento decurtato per la prima volta dalla Finanziaria 2007, che impose a livello trasversale un taglio del 12,57% da ripartire su tutte le voci di spesa. Il numero dei Comitati ammessi a dividersi il budget varia però ogni anno per decisione della Consulta, l’organismo che per legge regola il settore e decide la ripartizione del denaro, della quale fanno parte oltre a tre «saggi», il direttore generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del ministero dei Beni Culturali, un rappresentante della Presidenza del Consiglio, un rappresentante ciascuno per i ministeri dell’Economia, dell’Università e dell’Istruzione, un rappresentante delle Regioni. Ogni anno la lista viene sottoposta dalla Consulta all’esame delle commissioni cultura di Camera e Senato e varata con decreto ministeriale.
La parte del leone, negli anni, l’hanno fatta i grandi eventi della storia e i super big di ogni tempo, da Giordano Bruno a Giuseppe Garibaldi, da Andrea Mantegna a Pinturicchio, Galileo Galilei, Giacomo Leopardi. Per loro, anche grazie ai Comitati e al contributo dello Stato, sono state organizzate mostre, convegni, tavole rotonde, sessioni di studio, pubblicati libri, organizzati archivi. Il contributo economicamente più pesante lo hanno avuto negli anni le celebrazioni per Giacomo Puccini, con 887.429 euro tra il 2004 e il 2007, e Leon Battista Alberti con 791.456 tra il 2002 e il 2005. Oggetto di celebrazioni, in alcuni casi, anche luoghi fisici come le Abbazie di Nonantola e di San Nilo: la prima, nella provincia di Modena, destinataria di 400mila euro di contributi tra il 2003 ed il 2006 per una serie di mostre, convegni, feste; la seconda, a Grottaferrata vicino Roma, di 816.456,90 tra il 2002 ed il 2005 per ricordare i mille anni dalla fondazione. Contributi sono andati anche ai Comitati per le Cattedrali di Parma (287.429 euro tra il 2005 ed il 2007) Cremona (100mila euro nel 2006) e Sarsina (262.288 nel 2007) e per un progetto culturale costruito intorno al monumento a Ilaria del Carretto (150mila euro nel 2006) nella Cattedrale di Lucca.
Ma c’è anche, tra il 2006 e il 2007, un contributo di 137.429 euro andato al Comitato per la Storia dell’Energia Solare. E 100mila euro sono stati devoluti, nel 2006, per celebrare, con tre convegni organizzati a Milano, Catania e Modica, il centenario della nascita del filosofo siciliano Carmelo Ottaviano. Un largo spazio, negli anni, hanno avuto papi, santi e beati, tanti molto famosi, altri meno. È il caso, ad esempio, del Comitato sorto per le celebrazioni - una mostra, due concerti, una rassegna cinematografica - per il IV centenario della beata Giovanna Maria Bonomo di Asiago al quale lo Stato ha devoluto, nel 2006, 200mila euro.
Al 2005, infine, la palma del Comitato più curioso, quello per il Viaggio dei Re Magi. In questo caso una serie di mostre e conferenze organizzate tra il Trentino e la Lombardia per riportare alla luce la tradizione di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, le cui reliquie, custodite inizialmente a Milano nella chiesa di Sant’Eustorgio, furono poi trasferite nella Cattedrale di Colonia per ordine di Barbarossa. Sono fra le figure più note del mondo, eppure per quest’iniziativa lo Stato italiano ha dato 100mila euro nel 2005, altri 100mila nel 2006, e 34.971 nel 2007.

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«Processo» a Bassolino. «La rinascita? Mai vista». Gli intellettuali: solo tentativi, ora è paralisi.

Macry: all'inizio ci furono degli spunti, subito però si è ricostituito il potere politico. Parrella: noi ragazzi eravamo esaltati.

(Corriere della Sera) Passo dopo passo. I cento fatti. Parole chiave del «Rinascimento napoletano ». Lo slogan che accompagnò, nel '93, l'elezione di Antonio Bassolino a sindaco. Alle spalle Tangentopoli. Davanti, una speranza per Napoli. E lui, il primo cittadino, che divenne in poco tempo simbolo di rivincita per una città abituata a tutto. Persino al colera. Oggi, Napoli nel mondo è paragonata, in senso dispregiativo, a Calcutta. E le teste pensanti della città si chiedono: dove si è sbagliato? «È stato tutto un grande equivoco », spiega disincantato lo scrittore Ermanno Rea. Per l'autore di Mistero napoletano «fu un momento di euforia, poi deformata da quella parola insulsa: rinascimento. I politici ci hanno marciato. Anche Bassolino. Che incarnò un ruolo quasi taumaturgico, e invece di rivoltare la città come un calzino si preoccupò solo di rassicurare. Oggi? Ha responsabilità, ma le sue dimissioni sarebbero inutili. Napoli è una questione italiana, da risolvere a livello nazionale».
«Il Rinascimento napoletano veniva dopo il vuoto pneumatico », racconta lo storico Paolo Macry. «E all'inizio ebbe una serie di spunti: l'arte contemporanea, la metropolitana, il pragmatismo dei piccoli passi. Ma non poteva durare a lungo. E poi sono successe due cose: si è ricostruito il potere politico stordito da Tangentopoli, e si sono arenati i grandi progetti infrastrutturali. Bassolino, ottimo politico, ha rivelato le sue incapacità gestionali. E molti gli si sono asserviti per quattro soldi. Risultato: come il terremoto per Valenzi, i rifiuti per Bassolino hanno messo a nudo il re. Cosa serve? Penso a un governo di unità regionale».
Chi davvero non si stupisce della situazione è il filosofo Aldo Masullo, che pure dal '92 al 2001 è stato parlamentare ds: «A questa guerra dell'immondizia messa in atto dalla camorra si sarebbe dovuto opporre un progetto politico forte. Non è avvenuto. Le istituzioni, tutte, sono rimaste inerti. Bassolino, politico valente, si è isolato senza mai dialogare con i cittadini. È diventato solo un idolo cui tributare sottomissione ed esaltazione. Ma la decadenza non è tutta colpa sua. Il fallimento del Rinascimento napoletano è stato causato da una borghesia mediocre. E adesso, parafrasando Troisi, credo che ognuno debba ricominciare da se stesso». Biagio De Giovanni, filosofo ed esponente di spicco del Pci, Pds, poi Ds, è stato tra le voci critiche, in questi anni. Oggi cerca soprattutto di non sparare a zero, in un momento in cui sembra essere diventato lo sport nazionale, su Bassolino: «Il Rinascimento fu un momento di speranza nato dalla forza di un leader e da un vuoto politico. Bassolino nella sua prima fase ha migliorato l'immagine pubblica della città, ma poi ha preso una deriva monocratica di personalizzazione del potere. Creando un sistema che per nutrirsi aveva bisogno di consenso, e di separarsi dalle forze vitali della città. Stop a dibattiti pubblici e critiche. Fallimento dei grandi progetti, ad esempio Bagnoli. Con una borghesia silente e asservita. Le responsabilità però oggi sono di tutti, anche di Iervolino e di partiti come Verdi e Prc. La città è avvilita. Serve un gesto di discontinuità».
Quando Bassolino lanciò il suo «passo dopo passo», lei aveva vent'anni. «Noi ragazzi eravamo esaltati — dice la scrittrice Valeria Parrella —. Il Rinascimento incarnava la speranza. Adesso, invece, sono incazzata. Ognuno dei nostri politici di notte dovrebbe riflettere e sentire il dovere di dimettersi per aver fallito. Noi come Calcutta? No, peggio. Continuo a scrivere di Napoli (il prossimo romanzo, Lo spazio bianco, esce il 22 gennaio, ndr) proprio per esorcizzare la consapevolezza che nulla, in questi dieci anni, è davvero cambiato». Mentre il filosofo Roberto Esposito, pur prendendo le distanze «dall'enfasi che accompagnò il cosiddetto Rinascimento », ammette «che un miglioramento sicuramente ci fu. Poi la realtà ha avuto la meglio. Errori Bassolino ne ha fatti, ma non credo che le sue dimissioni risolverebbero qualcosa. Ora il problema è risolvere l'emergenza, prima che scoppi una guerriglia civile. Mentre a Iervolino dico di smetterla con il suo atteggiamento ingeneroso ».
Gerardo Marotta, fondatore dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, ha analizzato a fondo il problema rifiuti. A tal punto da gridare «al complotto. Il vero colpevole di questa apocalisse non è ancora venuto fuori. È colui che ha impedito la raccolta differenziata, e ha "venduto" a quegli ingenuotti dei politici la storiella di quanto fa bene il termovalorizzatore. E invece i migliori scienziati hanno spiegato che produce sì meno diossina, ma molte più nanoparticelle. Parole al vento. Lo stesso vento che ha cancellato il Rinascimento napoletano».

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In Europa 5% fa sesso in vacanza. L’allarme lanciato dagli infettivologi, la metà non usa il preservativo.

(Adnkronos) Europei spericolati in camera da letto quando sono in vacanza. Il 5% dei viaggiatori del Vecchio continente ha rapporti sessuali casuali, senza protezioni nel 50% dei casi. L'allarme è lanciato dagli esperti della European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (Escmid). "Il pericolo - denunciano - deriva dal fatto che la prevalenza di infezioni da Hiv, sifilide, epatite B e gonorrea spesso supera il 50% nelle prostitute". "In alcuni Paesi europei, un gran numero di eterosessuali con una recente infezione da Hiv - dice Robert Read, del dipartimento di malattie infettive e autoimmunitarie dell'Escmid e docente alla Sheffield University Medical School in Gran Bretagna - l'ha contratta all'estero. Durante i viaggi all'estero tendono ad aumentare la promiscuità e la casualità dei rapporti sessuali".

E l'identikit è presto fatto: i viaggiatori internazionali, specialmente i maschi e gli uomini d’affari, hanno un rischio maggiore di essere esposti a malattie sessualmente trasmesse, compresa l'infezione Hiv. Gli spostamenti delle popolazioni sono infatti - avvisa Read - un fattore determinante nella diffusione delle malattie sessualmente trasmesse. I viaggiatori dovrebbero avere una esatta percezione che il rischio di contrarre queste malattie è elevato soprattutto nei Paesi poveri e in caso di rapporti sessuali con partner casuali o prostitute".

Più frequentemente, rivelano i dati in possesso degli infettivologi, le infezioni si osservano negli adulti, in coloro che viaggiano senza partner fisso e nelle persone che anche a casa propria hanno molti partner. "L'alcol e l'uso di droghe possono accrescere il rischio". Come è intuibile, "il rischio di contrarre un'infezione da Hiv è maggiore in Africa, seguito dall'Asia meridionale. I viaggiatori - sottolinea l'infettivologo britannico - possono trarre beneficio da consigli sulla pratica di un sesso sicuro, come l'uso del preservativo, la contraccezione d'emergenza e la vaccinazione contro l'epatite B. È possibile prevenire queste malattie evitando rapporti sessuali durante i viaggi o adottando comportamenti sessuali sicuri". I viaggiatori, suggerisce l'esperto, "dovrebbero rivolgersi al servizio sanitario per eseguire uno screening per malattie sessualmente trasmesse e l'Hiv nel caso in cui ritengano di essere stati esposti a potenziali rapporti pericolosi durante il viaggio”.

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Furbo Jovanotti: contro Berlusconi, pro Sanremo.

Jovanotti(Tvblog) Ci sono alcuni personaggi che nella loro apparente ingenuità sanno vendersi meglio di chiunque altro. Prendete Jovanotti, l’eterno ragazzo fortunato con il lato B da profeta intimista. Sul profilo musicale non spetta a noi giudicare (lo fanno con molta più competenza i colleghi di Soundsblog, che si stanno occupando ampiamente di lui in vista del suo nuovo album).

Si dà il caso, però, che Lorenzo Cherubini abbia detto la sua in materia televisiva su Vanity Fair, con un’osservazione tanto coraggiosa quanto politically correct (in base a una certa mentalità underground, degna della sinistra musicale da concerto del 1 maggio):

“Quel che non posso accettare di Berlusconi, a parte l’assenza di rispetto per la cosa pubblica che tratta come privata, è la doppia morale: non puoi mandare i figli alla scuola steineriana che limita la Tv e poi bombardare di Tv, e di che Tv, i figli degli altri”.

E’ lo stesso Berlusconi con cui Jovanotti tanti anni fa “ha fatto la pipì” insieme:

“Quello è stato tanto tempo fa, avevo vent’anni e lui non faceva politica, voleva mettermi sotto contratto per le sue televisioni, mi portò a San Siro, bagni inclusi, alla fine di un tour di seduzione, che credo sia un programma fisso: la villa, lui che suona il piano. Funziona. Esci che non puoi fare a meno di amarlo. Ti mostra un Tiziano in una cornice pacchiana con l’orgoglio di chi è venuto dal niente e se l’è potuto permettere. Bisognerebbe evitare, però, di fare danni agli altri con la tua ricchezza”.

Le affermazioni illuminanti continuano. Questa volta si parla di Sanremo e Jovanotti non può che spezzarvi una lancia a favore, visto che parteciperà alla prossima edizione in qualità di superospite (superpagato, aggiungiamo noi):

“Quelli tra i fighetti che hanno fatto la lotta armata ci hanno spento il cervello, ci hanno allontanato dalla gioia, convinto che il Festival di Sanremo sia un nemico. Una canzone è uno strumento di festa. Sono orgoglioso di avere scritto canzoni allegre. L’allegria mi commuove, molto più della malinconia. Vado a vedere uno spettacolo di Beppe Grillo e ne esco spento”.

Per uno che ha iniziato come Dj Francesco ante litteram, maturando via via una coscienza critica da uomo di mondo, si prospetta un futuro da predicatore ambiguo alla Celentano.

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Media online cattolici in guerra tra loro senza risparmarsi colpi bassi.

Un invito alla pace ed alla concordia...
(Papa Ratzinger blog) Cari amici, in questi giorni due giornali online che si occupano dell'attivita' del Papa sono entrati in polemica fra loro.
Vorrei, se mi permettete, invitare tutti alla concordia ed alla pace nella speranza che si possa trovare un punto di incontro. Spero che sia abbandonata l'idea di chiudere un sito perche' una voce che si spegne e' sempre una grave perdita per tutti.
Siccome anche questo blog ha dato voce, nei giorni scorsi, al dibattito fra i due giornali online trovo giusto, in questa sede, riportare l'editoriale di Petrus e quello di Korazym in quanto e' inutile fare finta di nulla ed ignorare quanto accaduto.
Ciascuno, in piena liberta', si formulera' la propria idea, ma io vorrei invitare tutti alla pace visto che e' cio' che chiederebbe il nostro Papa. Cio' che piu' dispiace e' dare l'impressione di un mondo cattolico diviso quando tutti abbiamo a cuore gli stessi valori.

Da Petrus,
Opportune, importune

Da Korazym.org
Diciamo no a ingiurie e diffamazione

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La Chiesa chiede perdono alle vittime dei preti pedofili .

Il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa: «La Chiesa ha pianto e sospirato per gli abomini commessi nel suo seno da alcuni dei suoi stessi ministri e pastori».

(Andrea Tornielli - Il Giornale) Una preghiera mondiale per le vittime dei preti pedofili. La intende promuovere la Santa Sede ed è stata annunciata dal cardinale brasiliano Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione del clero, in un’intervista rilasciata all’Osservatore Romano, che ha scritto ai vescovi di tutti i Paesi pregandoli di istituire cenacoli di adorazione permanente. «Chiediamo a tutti – ha detto il porporato – di fare l’adorazione eucaristica per riparare davanti a Dio quello che di grave è stato fatto e per accogliere di nuovo la dignità delle vittime. Sì, abbiamo voluto pensare alle vittime affinché ci sentano vicini. Ci riferiamo soprattutto a loro, è importante dirlo».

Hummes ritiene che sia una priorità aprire «cenacoli eucaristici», dediti cioè all’adorazione di fronte al Santissimo sacramento, suscitando un movimento spirituale di preghiera per tutti i sacerdoti del mondo e per la loro santificazione. «Sono davvero tante – spiega il cardinale al quotidiano vaticano diretto da Gianmaria Vian – le cose da fare per il vero bene del clero e la fecondità del ministero pastorale nel mondo di oggi. Ma la consapevolezza che l’agire consegue all’essere e che l’anima di ogni apostolato è l’intimità divina ci ha portato a promuovere urgentemente proprio una grande adorazione eucaristica».

Il «ministro» di Benedetto XVI per il clero non nasconde la gravità del fenomeno degli abusi sessuali perpetrati da sacerdoti, pur invitando a non enfatizzarlo: «Problemi ce ne sono sempre stati – ricorda il porporato brasiliano – perché siamo tutti peccatori. Però in questo tempo sono stati segnalati fatti veramente molto gravi. Ovviamente si deve sempre ricordare che solo una minima parte del clero è coinvolta in situazioni gravi. La stragrande maggioranza non ha nulla a che vedere con fatti di questo genere. Ma tutti i sacerdoti hanno comunque bisogno di aiuto spirituale per continuare a vivere la propria vocazione e la propria missione nel mondo di oggi. La Chiesa, poi, ha sempre pregato per la riparazione dei peccati di tutti. È questa, ad esempio, una delle caratteristiche della tradizionale devozione al sacro cuore di Gesù».

La preghiera mondiale, promossa soprattutto per sostenere le vocazioni e la santificazione dei preti, ma anche «per la riparazione delle mancanze dei sacerdoti e in modo particolare per le vittime delle gravi situazioni di condotta morale e sessuale di una piccolissima parte del clero» riprende in quest’ultima parte una proposta formulata il 15 dicembre 2006 dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, il quale aveva detto, alla presenza di Papa Ratzinger, che la Chiesa Cattolica avrebbe dovuto fare un giorno di digiuno e penitenza per chiedere perdono per gli abusi sessuali che hanno visto coinvolti alcuni sacerdoti. Cantalamessa sottolineava che la Chiesa aveva «pianto e sospirato per gli abomini commessi nel suo seno da alcuni dei suoi stessi ministri e pastori».
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L'invito in una lettera del prefetto della Congregazione per il clero a tutti i presidi cattolici nel mondo.

«Pregate per le vittime dei preti pedofili»
(Il Tempo) Una preghiera mondiale, e adorazione eucaristica «perpetua», per le vittime dei preti pedofili. La indice il Vaticano, chiamando alla mobilitazione «diocesi, parrocchie, rettorie, cappelle, monasteri, conventi, seminari»: tutte i presidi cattolici nel mondo hanno ricevuto una lettera del card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, che chiede di pregare per le vittime dei preti che hanno compiuto abusi sessuali, e per la santificazione del clero.

L'iniziativa, annunciata da Hummes con una intervista all'Osservatore romano, segna un ulteriore passo avanti nel «mea culpa» della Chiesa per i preti pedofili o violentatori, un fenomeno che ha squassato il cattolicesimo americano nei primi anni di questo secolo, che interessa molti Paesi - tra cui Australia, Canada, Italia, Messico, Brasile, Gran Bretagna - e che rappresenta una ferita profonda per la Santa Sede, tanto da indurre Giovanni Paolo II e l'allora cardinale Ratzinger a una strategia a tutto campo per scongiurare il ripetersi degli abusi e punire i colpevoli.

Hummes chiama alla preghiera per «le vittime delle gravi situazioni di condotta morale e sessuale di una piccolissima parte del clero», e considera una «priorità aprire "cenacoli eucaristici" suscitando un grande movimento spirituale di preghiera per tutti i sacerdoti e per la loro santificazione». E spiega che «problemi ce ne sono sempre stati perchè siamo tutti peccatori, però in questo tempo sono stati segnalati fatti veramente molto gravi. Ovviamente si deve sempre ricordare che solo una minima parte del clero è coinvolta in situazioni gravi, neppure l'1% ha a che fare con problemi di condotta morale e sessuale; la stragrande maggioranza non ha nulla a che vedere con fatti del genere».
Per l'Avvento dell'anno scorso il predicatore della Casa pontificia Raniero Cantalamessa aveva chiesto al Papa e alla Curia un giorno di digiuno e penitenza per esprimere solidarietà e vicinanza alle vittime dei preti pedofili e abusatori, da indire «a livello locale e nazionale» laddove il problema fosse più sentito. L'iniziativa del cardinale Hummes coinvolge oggi la Chiesa universale e vuole essere perpetua.
Quello dei preti pedofili è lo scandalo più grave che abbia colpito la Chiesa moderna, e la sua esplosione negli Usa ha portato Wojtyla a confessare un «profondo senso di tristezza e vergogna» per questi preti e ad affermare con forza che «non può essere prete chi fa male ai bambini». Sulla scia dello scandalo in Usa - che ha travolto anche vescovi accusati di aver coperto i colpevoli e ha portato alla bancarotta le diocesi chiamate a risarcire le vittime - Giovanni Paolo II, con il Motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela» del 2001, ha centralizzato presso la Congregazione per la dottrina della fede, allora guidata da Ratzinger, i processi canonici contro i preti pedofili, per garantire tempestività nell'azione.

Divenuto Papa, Ratzinger ha continuato la strategia di pugno di ferro contro i preti.
Quando lo scorso luglio la diocesi di Los Angeles è stata condannata a pagare 660 milioni di dollari più un milione a circa 500 vittime, per risarcire le vittime, il cardinale Bertone ha definito di «ampiezza sconvolgente» a Los Angeles il fenomeno dei preti pedofili che «fa a pugni con l'identità della missione che dobbiamo svolgere». E oggi Hummes ha deciso di affiancare alla «tolleranza zero» contro i colpevoli e alle sospensioni «a divinis» dei rei la preghiera mondiale per le vittime.

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La riflessione. Studenti trasformati in dei gigolò per soldi, sesso, edonismo e ribellione.

(Alberto Giannino- Imgpress) Nel 1980, il film "American gigolò" di Paul Schrader, narrava la storia di Julian Kay (Richard Gere) uno squillo di lusso, lo stallone più pregiato di un'agenzia che procurava compagnie maschili a ricche signore sole. Coinvolto in un omicidio di cui è ingiustamente sospettato, è salvato da una spregiudicata signora che si è innamorata. Ottimo a livello descrittivo, specialmente nella 1ª parte, s'ingolfa quando Schrader vuol mettere a fuoco i personaggi. Richard Gere donatore d'amore come donatore di sangue? A pagamento, comunque. Ebbene, 28 anni anni dopo, leggiamo che a Milano, Roma, Firenze, Torino, e Bologna abbiamo gigolò italiani prestanti che, per soldi, hanno prestazioni sessuali con uomini e con donne. Con gli omosessuali la prestazione minima sarebbe di 50 euro, mentre con le donne la prestazione sarebbe di 150 euro. Senza contare che un week end di tre giorni costerebbe fino 1.000 euro. Il regista Schrader aveva anticipato queste tematiche fin dal 1980 intuendo i problemi giovanili con grande lungimiranza. Infatti i gigolo sono presenti sugli annunci gratuiti delle riviste settimanali delle grandi città, sugli annunci dei quotidiani, frequentano bar dove prendere aperitivi, ristoranti e locali vari per fare approcci, e, infine discoteche e club priveè per concretizzare le conoscenze. La motivazione che adducono questi studenti universitari sono i soldi. I soldi per pagare i libri, l'università, l'affitto della casa, i vestiti griffati, la macchina, la benzina, le ricariche del cellulare e gli spiccioli per tirare avanti. Ecco allora che le analisi correnti sono giuste: i giovani pensano alla carriera, al successo e ai soldi. Avidi dell'avere più che dell'essere, sono materialisti ed edonisti, cioè contrari ai valori spirituali. Non sono contro Dio, ma sono senza Dio. Il benessere, la ricchezza e l'opulenza delle nostre metropoli li costringe a vivere come se Dio non esistesse. Se Dio viene allontanato dal loro orizzonte, cade persino il discorso morale del cristianesimo: il Decalogo e le Beatitudini. E quindi diventa tutto lecito. La sessualità disordinata, l'adulterio, gli atti impuri, la depravazione li riducono sovente al rango animale. Sono ragazzi che se ne infischiano dei valori proposti dalle tre agenzie educative più importanti: famiglia, scuola e comunità ecclesiale. I giovani sono rappresentativi; essi sono la vita nella sua freschezza, nella sua pienezza; essi sono, rispetto al passato, la modernità, l'attualità; rispetto all'avvenire gli scopritori, gli innovatori; sono la speranza. Così è sempre stato; ma oggi la gioventù riveste caratteri ancora più importanti nel contesto sociale, perché sono padroni, cioè sono subito messi in possesso dei beni, di cui la vita moderna dispone, gli strumenti della tecnica, la cultura, il benessere, il giudizio sopra ogni cosa e ogni valore; il vincolo della obbedienza, della norma comune, della dipendenza, nella famiglia, nella società, nella tradizione è allentato fino a diventare quasi inesistente; sono liberi e arbitri di se stessi e tendono ad esserlo anche degli altri; la moda della «contestazione» li seduce, la smania del cambiamento supplisce spesso in loro la consapevolezza dei fini da raggiungere; essi non temono alle volte d'arrivare ad esplosioni di follia. La nostra è un'epoca in cui le vecchie ideologie hanno portato all'odio, al disordine morale e alla disgregazione sociale, si sono rivelate illusorie; la nostra è una società in cui troppi messaggi umani e troppe promesse di facile felicità attraggono i giovani, lasciandoli però poi insoddisfatti e delusi. Questi giovani, non si ribellano ad una visione, che pretende di dare il primo posto e talvolta l'unico posto al profitto economico, al successo, all'egoistica strumentalizzazione degli altri. Essi non contestano una società, che alla loro sete di autenticità risponde spesso con studiate formule di compromessi ipocriti, che al loro desiderio di amicizia e di comunicazione oppone gli schemi di una convivenza basata sull'indifferenza e sullo sfruttamento reciproco, che alla loro volontà di dedizione generosa non sa offrire la prospettiva stimolante di una ragionevole possibilità di lavoro, che al loro bisogno di trascendenza viene incontro con i surrogati dei beni di consumo o addirittura mediante le alienanti evasioni dell'erotismo e della droga. Da qui la vita dissoluta e dissipata che molti conducono all'insaputa dei genitori. da qui il degrado morale e i compromessi con la coscienza. Ci sono, per fortuna, migliaia di studenti che studiano, ma non penserebbero mai a un rapporto mercenario. Evidentemente il discorso morale non fa presa su questi giovani. Per fortuna possiamo contare su milioni di giovani (che sono la maggioranza) che fanno volontariato e solidarietà. Che si dedicano al prossimo e alle opere di carità.Che si battono per la pace ed il progresso dei popoli. Che si battono per la giustizia e per la libertà. Che rispettano il proprio corpo. Che sono giovani sani, belli, ricchi dentro, che possiedono valori positivi (vita, famiglia, la verità, la bontà e la società) da trasmettere ad altri giovani e che finalmente vogliono realizzare la civiltà dell'amore.

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Il sosia di Kakà nudo sulla copertina di G-Magazine di gennaio. Il video.

Non a febbraio come erroneamente scritto dalle agenzie di stampa e raccolte dai giornali ma bensì a gennaio compare il servizio su Kakà o meglio sul suo sosia Lucas Pugliessa (vedi copertina a fianco).


Eccovi inoltre e in anteprima il video della photosession per il servizio su G-Magazine. Viva i brasiliani!

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Sesso, prima dei 18 anni per la maggior parte dei giovani.

A «fotografare» il rapporto tra teenager e sesso è un’indagine condotta attraverso un questionario sul sito www.ambulatorio.com. Il primo rapporto sessuale si verifica, per la maggioranza, fra i 16 e i 18 anni

(La Gazzetta del Mezzogiorno) Prima volta a 14 anni per il 13% degli adolescenti italiani. A «fotografare» il rapporto tra teenager e sesso è un’indagine condotta attraverso un questionario sul sito www.ambulatorio.com. Ma se poco più di un teenagers su dieci è «precoce», nella maggioranza dei casi, l’età del primo rapporto sessuale completo è in media intorno ai 17 anni. Dall’analisi di un campione di 2.500 risposte, «abbiamo potuto conoscere i comportamenti sessuali degli adolescenti italiani e confrontarli con quelli dei loro genitori», spiega Italo Farnetani, pediatra e professore a contratto presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha condotto il sondaggio. Scoprendo che, di generazione in generazione, aumenta in Italia l’età della prima volta. «Il primo rapporto sessuale si verifica, per la maggioranza dei giovani, fra i 16 e i 18 anni - dice infatti il pediatra - mentre per i genitori era avvenuto prima: per il 20% dei genitori a 14 anni contro il 13% dei ragazzi di oggi». Sembra, inoltre, che per le mamme e i papà con figli adolescenti la principale preoccupazione sia quella delle gravidanze indesiderate. «I genitori auspicano che i figli usino i contraccettivi. E la preoccupazione è tale - sottolinea Farnetani - che più della metà di madri e padri (il 53%) è favorevole all’uso della pillola del giorno dopo».

MAMME E PAPA' DISPONIBILI A USO PILLOLA GIORNO DOPO.
Un «via libera» che si scontra con il parere degli specialisti. Da una recente inchiesta condotta fra i pediatri italiani dallo stesso Farnetani, infatti, era risultato che l’85,7% dei medici che avevano partecipato era contrario all’uso della «pillola del giorno dopo» da parte delle ragazzine. «La convinzione dei genitori, disposti ad accettare uno strumento comunque pesante e che sottopone le figlie a un bombardamento ormonale, testimonia l’esistenza di un problema. Madri e padri sono consapevoli - sottolinea il pediatra - di un rischio reale di gravidanze indesiderate. Insomma, sanno che i figli non sono attenti, non ricorrono a metodi contraccettivi sicuri. Dunque questo testimonia - conclude - che il pericolo fra i giovanissimi è elevato, anche per quanto riguarda le infezioni sessualmente trasmesse».

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Quella strana voglia di portarsi a casa Azouz.

(Nicola Forcignanò - Il Giornale) Io contro Azouz Marzouk non ho nulla. Odio chi ha massacrato a Erba la sua famiglia e immagino quanto possa essere grande il dolore e la rabbia. Ho grande pietà e pena per lui. Punto. Ciò non toglie che a casa mia, con mia moglie e i miei figli non lo vorrei. E non certo perché arriva dalla Tunisia. Non ce lo vorrei perché prima di quel dramma aveva avuto problemi con la giustizia per colpa della droga e, dopo quell'orribile mattanza, è finito nuovamente in galera ancora a causa della cocaina. Una lunga fila di intercettazioni telefoniche lo incastra lasciando pochissimo spazio ai dubbi. È uno spacciatore, genere di delinquente abbastanza odioso.
Ma non basta. Il disgraziato (nel senso che ha subito una disgrazia) nei mesi che sono passati da quell'angosciante delitto ha provato a spacciare pure se stesso e la propria faccia nello squallido mondo che ruota intorno - e talvolta anche dentro - allo spettacolo e alle riviste di gossip. Soldi facili (addirittura per prestazioni sessuali, ha confessato lui), notorietà, perfino celebrità. In cambio, ha messo in vendita il proprio dolore, il ricordo della moglie assassinata e del bimbo sgozzato, addirittura le loro bare vendendo l'esclusiva fotografica del funerale.
Come si fa, dunque, a non pensare male della «buona azione» di centocinquanta famiglie italiane che hanno dato vita a una specie di assurda gara per ospitare Azouz nelle proprie case così da permettergli di richiedere gli arresti domiciliari e uscire dalla prigione? Non sarà giusto, ma è più che comprensibile sospettare siano davvero serie e disinteressate le intenzioni della famiglia alla periferia di Lecco che avrebbe vinto la competizione per portarsi a casa il tunisino accusato ancora una volta di spaccio di droga? Dicono trattarsi di ottima famiglia e rispettosa del vivere sociale, gente «al di sopra di ogni sospetto» come ha tenuto a precisare l'avvocato di Marzouk. Sarà, ma perché?
La spiegazione fornita dai «vincitori del trofeo» non aiuta certo a capire. «Noi in famiglia discutiamo su tutto e Azouz potrebbe integrarsi con le nostre abitudini e stili di vita arricchendo in qualche modo il dibattito sull'integrazione sociale» è la motivazione di questa coppia con due figli, una ragazza che lavora e un giovane studente. Belle parole, politicamente corrette dell'anonima famigliola.

Ma anonima per quanto? Se il giudice concederà a loro Azouz, se l'immaginano l'assalto del solito circo mediatico - Corona in testa - alla loro casa? Se l'immaginano oppure se l'aspettano?

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Omoerotismo. Scatti in forma di fiaba.

(Puta a queer invader) Forse avete sentito parlare di Tripeleff. Uno scrittore italiano che ha viaggiato in lungo e in largo il mondo, specialmente gli States e il Sudafrica. Ha scritto per Stampa Alternativa una serie di libretti con racconti omoerotici. Il mio preferito è La vendetta di Papa Giuseppe, storia di un fisting clericale. Anche Come mi hanno spennato l’uccello e Giovane vergine intatto si fanno apprezzare per la loro spigliatezza e gioiosità. Odo e Riprando potete invece scaricarlo gratuitamente dal sito dell’autore, che merita un’attenta visita - e speriamo che presto pubblichi qualche nuovo racconto! - . Fin qui niente di strano. Che uno scrittore scriva e che scriva bene per il suo pubblico attento e partecipe, fa parte del gioco della letteratura. Ma… C’è un ma. Adesso scopriamo che Tripeleff accompagna la scrittura con la fotografia e che ha deciso di mettere ora online il suo talento visivo. Su Flickr. Abbiamo così modo di apprezzare centinaia di foto scattate negli anni, che testimoniano anch’esse quella ricerca del fiabesco e del birichino che è il tono e lo stile del suo scrivere. Che unisce a un occhio attento per la bellezza del corpo maschile. Gli innumerevoli commenti che seguono ogni scatto testimoniano quanto benvoluto e ricercato sia il Tripeleff fotografo. Ah! chissà cosa ci riserva ancora questo poliedrico signore che vive dalle parti di Novara. Di seguito due suoi lavori. Il resto andate ad ammirarlo direttamente nella sua galleria.

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E non perdetevi Il delitto Avogadro

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La prostituzione dei macachi mette in crisi l'omosessualità come atto naturale.

(Temis) Una ricerca USA ha dimostrato che tra i macachi indonesiani lo spulciamento è il corrispettivo a cui sono tenuti i maschi per ottenere i favori delle femmine. Il c.d. "Grooming" è la diciamo così moneta ufficiale anche per stabilire le gerarchie interne ai gruppi. La prostituzione è, quindi, una fenomeno "naturale" (ossia non solo "umano"). Curioso. E dirompente. Sì, dirompente perchè, a ben vedere, la scoperta mette in crisi il tentativo di una certa cultura di dare un fondamento "naturale" all'omosessualità cercandone conferma nel comportamento degli animali. Ce ne siamo già occupati: nei paesi nordici è stata allestita una mostra di grande successo sull'omosessualità negli animali. In attesa che gli scienziati individuino il c.d. "gene gay" che consentirebbe di mettere definitivamente a tacere chi, come la senatrice Binetti, continua a ritenere l'omosessualità una malattia, la cultura gay aveva cercato nei comportamenti degli animali la conferma della naturalezza dell'amore omosessuale. Dopo la ricerca USA, possiamo concludere che tra gli animali ci sono sia i gay che le prostitute. Tanto basta per sostenere che anche la prostituzione è un dato naturale e, come tale, va riconosciuto e tutelato sul piano normativo? speriamo proprio di no. Certo è, però, che i politcamente corretti dovranno spiegarci per quale motivo la genealogia animale(sca) può giustificare il riconoscimento del diritto all'amore omosessuale e non alla prostituzione! (a questo punto è d'obbligo una precisazione: con queste considerazioni non vogliamo negare la libertà di amare degli omosessuali, ma mettere in discussione alcuni postulati delle loro rivendicazioni. Capiamo che per secoli sono stati emarginati e ci schieriamo a loro fianco nella difesa del loro diritto ad amare. Ma una cosa è difendere il "diritto ad amare" come espressione della persona umana, un'altra è pretendere il riconoscimento dell' "amore omosessuale" come "atto naturale foriero di diritti" (anche nei confronti dei terzi: i bambini/figli), almeno sino a quando gli scienziati non avranno dimostrato la base genetica dell'amore omosessuale.

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Massimiliano Gioni: L’arte contemporanea sono io.

(Elena Molinari - Panorama) Persino la Romania incuriosisce più dell’Italia i collezionisti stranieri. E mentre a New York, Londra e anche Madrid gli artisti si sono buttati nel nuovo millennio postindustriale, ecologico e iconoclasta, un curatore italiano per trovare un movimento artistico di rottura deve tornare all’Arte povera: di 40 anni fa. Oppure imparare l’inglese e andare a organizzare mostre altrove, dove ci sono spazi e pubblico per opere non convenzionali. Peccato che i curatori e gli artisti italiani non lo facciano abbastanza.

Non vuole fare polemica Massimiliano Gioni, 34 anni, direttore delle mostre speciali del New Museum of contemporary art di New York e, dal 2003, direttore artistico della Fondazione Trussardi. Ma parlando a ruota libera nella nuova sede del New Museum, un palazzo fatto di sette scatole sovrapposte e incastrato in mezzo a due minute palazzine in uno dei quartieri più bohémien di New York, le sue opinioni sull’arte contemporanea nostrana escono senza filtri.
Il palazzo del New Museum nella Bowery, firmato dallo studio Sejima e Nishizawa-Sanaa, è composito, come la mostra che Gioni e i due altri curatori del museo, Richard Flood e Laura Hoptman, hanno ideato per inaugurare la nuova sede e per sintetizzare alcuni elementi chiave dell’estetica del XXI secolo. Un secolo che si è aperto con la caduta delle Torri gemelle, con i buddha afghani ridotti in polvere e con la statua di Saddam Hussein trascinata al suolo. Con scene di distruzione, insomma. “Non a caso la mostra, Unmonumental, mette in evidenza un ritorno alla tecnica dell’assemblaggio e del collage, a circa 100 anni dalla sua nascita, e l’uso di oggetti trovati, di forme frammentarie, fragili, improvvisate e instabili” spiega Gioni. “E celebra l’apertura di questo monumentale edificio ricordando che i monumenti sono effimeri e che le idee che li ispirano vanno sempre messe in discussione”.
Non cercate nomi italiani fra gli artisti in mostra. “Non ce ne sono” taglia corto Gioni. A voler proprio vedere, si può trovare qualcosa di italiano “nella tendenza al riutilizzo dei materiali: è un’eredità appunto dell’Arte povera”. Poi però Gioni deve ammettere che il linguaggio di forme e colori che si articola in questi giorni nelle sale del museo è più assordante ed eccessivo di qualsiasi lavoro si possa trovare a Roma, Milano o Spoleto. “Questa è arte nata in metropoli popolate di rifiuti, con cui l’artista impara prima a convivere e poi decide di inserire nel suo lavoro”.
Una sensibilità che da noi manca e non perché le nostre città siano più pulite. “L’arte contemporanea in Italia è più formalistica. Non sa ancora essere così aggressiva. È dominata da una tradizione di ricerca dell’equilibrio e della bellezza. Può essere un pregio, ma anche un limite. Anche quando l’arte italiana arriva a eccessi, come quella di Maurizio Cattelan, cerca sempre una misura”.
Gioni, che tramite la Fondazione Trussardi ha portato Cattelan a Milano e poi con lui e la curatrice Ali Subotnick ha fondato una galleria (la Wrong Gallery a New York e poi alla Tate Modern di Londra), quindi progettato una Biennale (Berlino) e inventato una rivista d’arte (Charley), non accuserebbe mai l’artista padovano di non essere audace. Ricorda bene le polemiche che accompagnarono l’impiccagione di tre bambini-manichini firmati da Cattelan in piazza XXIV Maggio a Milano.
Ma un Cattelan, un Francesco Vezzoli o una Vanessa Beecroft non bastano a liberare l’arte contemporanea italiana da una letargia che secondo Gioni la rende sempre meno interessante agli occhi del mondo.
“Non siamo più esotici solo perché siamo italiani. Ora i curatori americani vanno in Europa dell’Est o in Cina. E noi intanto non abbiamo saputo costruire un sistema espositivo come quello della Gran Bretagna, della Germania e della Spagna”. Le istituzioni italiane, infatti, “non percepiscono l’arte contemporanea come strumento di promozione del Paese”.
Gioni allora ha deciso di fare come i suoi modelli, Germano Celant e Francesco Bonami, ed è andato a cercare altrove quello che manca in Italia. “La mia domanda a questo punto è: riusciranno gli artisti italiani a trasformare le debolezze della nostra società in punti di forza? A fare come Giorgio Morandi, che ha raccontato con ossessiva ripetizione un piccolo mondo, riuscendo così a dargli un valore universale?”.
Gioni non ha risposte, torna a parlare della sua Unmonumental, che gli dà più certezze. E che è impressionante, con le sue enormi composizioni multiformi, sgraziate e variopinte che dominano lo spazio vuoto e silenzioso del museo. Vuoto per poco: presto compariranno sui muri 13 opere di collage bidimensionali commissionate ad altrettanti artisti internazionali. E silenzioso fino a febbraio, quando arriveranno i rumori e le sinfonie di altri 13 artisti. “La mostra stessa è un lavoro di collage” spiega Gioni.
A marzo sarà sostituita da tre esposizioni, una per piano, una per ogni curatore del museo: Gioni, Richard Flood e Laura Hoptman. Lui allestirà quella del giovane artista americano Paul Chan, che presenterà luci e ombre proiettate sul pavimento, che il pubblico potrà attraversare e calpestare.
Pensare a Chan lo fa tornare all’Italia. “L’unico posto in Italia dove qualcosa del genere sarebbe possibile è la Fondazione Trussardi. Lì facciamo cose incredibili. Il 29 gennaio useremo per la prima volta Palazzo Litta a Milano. Si esibiranno Peter Fischli e David Weiss, un duo artistico svizzero, tra i piu importanti innovatori dell’arte contemporanea. Penso che il New Museum mi abbia voluto per questo tipo di lavoro che ho fatto e perché l’aiutassi a reinventare la sua identità”.
I paragoni fra Milano e New York, però, si fermano qui. “La differenza più grossa la fa il pubblico. L’audience qui è incredibile. Per l’inaugurazione della nuova sede il New Museum è rimasto aperto 33 ore di fila. Ed era sempre pieno, anche alle 4 di notte. Sono passate 30 mila persone. A Milano invece ogni progetto è una sfida. Non si sa mai come il pubblico o la critica reagiranno. E ogni mostra non convenzionale ha un effetto dirompente, quindi anche una funzione educativa”.
Appena arrivato a lavorare a New York Gioni ha avuto l’impressione di essere entrato in una comunità artistica dove nessuna opera è isolata, ma si inserisce in un contesto fatto di film, libri, altri quadri e altre sculture e abitato non solo di critici e collezionisti, come pure di famiglie con i bambini al seguito. “Una tradizione tutta newyorkese, che da noi non esiste”. E che è stata alimentata, a detta di Gioni, anche dalla pubblicità, con la quale gli artisti più giovani hanno un rapporto quasi simbiotico.
“Gli artisti degli anni Novanta sono cresciuti masticando riviste e immagini di moda, della televisione, della pubblicità. Più o meno consciamente ne hanno adottato le strategie, trovandosi a usare un linguaggio più immediato. I mezzi di comunicazione di massa ricambiano il favore offrendo loro più spazi e appropriandosi delle loro immagini. Quindi oggi si può facilmente convivere con le opere di artisti come Matthew Barney, Damien Hirst o Jeff Koons, anche senza averle mai viste in una galleria”.
E soprattutto senza averne mai comprata una, visto che la media dei pezzi d’arte contemporanea battuti alle aste è oggi vicina al milione di dollari.
“L’impennata dei prezzi nell’arte è incredibile e può essere un problema” continua Gioni. “Il potere del denaro è così forte che si tende a interpretare il valore dell’opera in base al suo costo. Ma in realtà il valore commerciale delle opere è sempre meno un segno del successo dell’artista”. Se però i prezzi crollassero, ammette, il sistema delle gallerie potrebbe arrestarsi di colpo. “Ogni anno galleristi e curatori si dicono che più in alto di così non si può andare, che è l’inizio della fine, che non si venderà niente. Poi arriva un’ondata di nuovi compratori, come i russi o i cinesi, si segna un nuovo record di vendite e tutti tirano un sospiro di sollievo”.

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Chiagne e fotte.

(Paolo Flores d´Arcais - L'Unità) «Chiagne e fotte» (anche contratto in «chiagn’e fotte») è una delle più note espressioni del dialetto napoletano. Indica una persona che gode di privilegi e ciononostante si lamenta, quasi fosse discriminato. Un privilegiato a cui non basta mai, insomma. Non utilizzeremo questa perspicua ed efficacissima manifestazione del logos partenopeo a proposito della recente uscita del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Santa Romana Chiesa (quasi un vice-Papa, per capirsi), perché le attuali norme sul celibato ecclesiastico renderebbero di cattivo gusto accostare a un prelato un qualsiasi riferimento sessuale, fosse anche giocoso o metaforico. E tuttavia, sentirlo dichiarare solennemente che «il Partito democratico non deve mortificare i cattolici», quando lo sport quotidiano in detto partito sembra semmai quello del «bacio della pantofola» e di ogni altro esagerato ossequio verso la Chiesa gerarchica, lascia davvero senza parole.

Cosa vuole di più il cardinal Bertone dal neo-segretario Veltroni, con il quale dice di essersi lamentato per le «derive» («laiciste», ça va sans dire) del nuovo partito, tali che gli fanno rimpiangere Gramsci e Togliatti (sic!)? Non gli basta che il centrosinistra abbia già scaricato in soffittaun pur timidissimo disegno di legge sui Dico o Pacs o come altro li si vuol innominare? Non gli basta che dopo aver doverosamente ascoltato la richiesta dell’Europa, che chiede a tutti i Paesi membri di non accettare discriminazioni tra le diverse preferenze sessuali (richiesta che l’Europa avanza col sostegno di gran parte delle forze politiche di destra), il centrosinistra si sia già rimangiato quel gesto di elementare civiltà, con risibili scuse tecnico-procedurali? Non gli basta che il governo continui a traccheggiare di fronte a una legge ignobile, che costringe le coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale a rischiare di concepire bambini con gravissime malformazioni, legge che per fortuna più di un tribunale ha interpretato alla luce della Costituzione? Non gli basta che il centro-sinistra continui a impinguare e locupletare le scuole clericali, in spregio di un articolo della Costituzione che più chiaro non si può? Non gli basta che nella scuola pubblica (pubblica?) siano stati fatti entrare in ruolo migliaia di insegnanti di religione nominati dalla Cei, che potranno eventualmente passare a insegnare filosofia, storia, italiano (sempre restando di ruolo, senza concorso)? Non gli basta che in barba alla famosa commissione Levi-Montalcini, si continui a NON insegnare il darwinismo nei primi anni di scuola e fino all’adolescenza (contribuendo a farli restare bamboccioni)?

Non gli basta un meccanismo truffaldino dell’otto per mille che regala alla stessa Cei ogni anno qualcosa come un miliardo di euro (per non parlare dell’esenzione dall’Ici e altre regalie feudali)? Non gli basta una televisione pubblica (a chiacchiere) dove l’editorialista quotidiano dei Tg non è un giornalista, per lottizzato che sia, ma il Sommo Pontefice (di cui ci viene propinato ogni discorso, dichiarazione, elucubrazione, anatema, glossa) e dove la fiction ormai ha superato in devozione la «Legenda aurea» di Jacopo da Varazze, e in ogni dibattito “scientifico” è presente un esorcista?

Non gli basta. Tutta la Chiesa gerarchica - e il Papa in primo luogo - si accontenterebbe infatti solo di un programma davvero minimo: l’imposizione per legge a tutti i cittadini dei «valori non negoziabili», cioè della morale clericale su vita, morte, sessualità, educazione, ricerca scientifica. E questo centro-sinistra su qualche dettaglio ancora recalcitra. Sempre meno, del resto, visto che di fronte all’affondo anti-aborto del trio Ferrara-Ruini-Bondi (in ordine rigorosamente cronologico) e alla dichiarazione sanfedista della senatrice Binetti che voterà con Forza Italia, nessuno ha pronunciato l’ovvio “non possumus” laico, col suo inevitabile corollario: o lei (e altri sanfedisti come lei) o noi.

Le pretese di Bertone (che sono poi quelle di Ratzinger) non fanno che riportare in auge gli anatemi del Sillabo. I «valori non negoziabili» sono gli stessi di allora, solo che ora non li si invoca più contro le democrazie, si vorrebbe che diventassero la Costituzione stessa delle democrazie. Di fronte a tanta totalitaria pretesa, quello che lascia sgomenti è proprio la mancanza di reazione di chi si professa democratico.Perché, la laicità o il laicismo coerenti, che esigono uno Stato neutrale rispetto alle diverse morali di gruppo e personale, dove dunque si legiferi secondo il principio di Grozio («Etsi Deus non daretur», come se Dio non ci fosse), non costituiscono un estremismo ateo di segno analogo e contrario all’estremismo clericale che vuole imporre a tutti la propria morale per legge. L’opposto speculare di tale pretesa sarebbe quella di uno Stato che pretenda di imporre per legge, a tutti, l’aborto in caso di malformazione, o dopo «x» figli (per via della sovrapopolazione). O vieti l’insegnamento della religione, e a scuola abbia un’ora di «ateismo» settimanale. O in nome di una morale edonista esiga l’eutanasia per tutti i malati terminali in balia della sofferenza. O che, per stroncare la piaga delle ragazze madri, renda obbligatorio l’uso della pillola per tutte le minorenni. E via costringendo.

Tutte cose che un laico non si sognerebbe mai di chiedere. Perché laico significa democratico, e democratico significa laico. In una democrazia liberale i due termini si implicano a vicenda. E significano uno Stato che non impone a nessuno la morale di altri, ma rispetta la morale autonoma di ciascuno (fino a dove non distrugge l’autonomia dell’altro, ovviamente). Dunque, uno Stato che non impone a nessuno il divorzio, ma a nessuno impone l’indissolubilità del matrimonio. A nessuno impone la contraccezione, ma non impone le contorsioni dell’Ogino-Knaus a chi la contraccezione (sicura) la vuole praticare. A nessuno impone l’aborto terapeutico, ma a nessuno impone la nascita di un figlio non voluto. A nessuno impone l’eutanasia, ma a nessuno impone la tortura di una sofferenza terminale inenarrabile. A ciascuno, invece, garantisce la libertà di scelta.

Questa è l’autentica moderazione del laicismo più intransigente, il suo «giusto mezzo»: non tollerare che una parte della società imponga all’altra la propria morale, che un gruppo prevarichi facendo del proprio volere morale il dovere della totalità dei cittadini, ma rispettare l’autonomia morale di tutti e di ciascuno. Questi sono gli unici valori non negoziabili che dovrebbero accomunare, senza se e senza ma, tutti i democratici, di tutti i partiti (e più che mai di chi così ha deciso di chiamarsi).

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Castra figlio e dà la colpa al bassotto.

(Wnbc) L’emittente americana WNBC dà notizia di una madre texana arrestata per avere castrato il figlio neonato con un “oggetto affilato” non ancora identificato. Secondo quanto riferito, la donna aveva dato la colpa dell’incidente al suo bassotto, ma le perizie rilasciate da un veterinario e da un medico forense hanno chiarito che il cane non c’entrava. La signora è libera su cauzione in attesa dei processi per ferimento e per la determinazione della custodia del bambino.

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