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sabato 6 ottobre 2007

Vita in Seminario.

(Anna Campaniello - Il Corriere di Como) Sette anni di formazione a 360 gradi, senza tabù né argomenti off-limits, dagli studi teologici alla morale, dal percorso spirituale a quello umano, compresa la sfera affettiva e sessuale. Alle notizie di scandali e bufere che coinvolgono i sacerdoti, la Chiesa lariana risponde giocando la carta della prevenzione, puntando tutto sulla preparazione dei seminaristi e sulla valutazione scrupolosa sotto ogni punto di vista di ogni singola vocazione.

«Da tempo c'è una crisi di vocazioni - chiarisce subito il rettore del seminario di Como, don Andrea Caelli - Il percorso per arrivare all'ordinazione sacerdotale è lungo e complesso, prevede discernimento molto forte, la vocazione viene rimessa quotidianamente in discussione. Non tutti quelli che si avvicinano al seminario arrivano all'altare, negli ultimi dieci anni una quarantina di giovani è tornata a casa».

La 'selezione' iniziale avviene ancora prima di entrare in seminario. I ragazzi che vogliono intraprendere il percorso del sacerdozio frequentano un anno propedeutico.

«È la prima vera esperienza di discernimento - dice don Andrea - Tutti i giovani, che in genere hanno età diverse e provengono da percorsi di vita molto distanti l'uno dall'altro sono chiamati a fare per un anno vita comunitaria in una casa messa a disposizione dalla parrocchia di Maccio. Frequentano la scuola in seminario ma vivono fuori. È un anno in cui toccano con mano la realtà, passano da una visione ideale a una molto più concreta e spesso fanno anche la scelta di tornare a casa».

In seminario, la formazione prevede un biennio iniziale e quindi un triennio teologico prima dell'anno di diaconato, l'ultimo gradino verso l'altare. «Chi inizia teologia oggi non si considera più come se già fosse un prete - dice il rettore - Al contrario, il cammino di discernimento è continuo e a volte sono gli educatori stessi a suggerire ai ragazzi di provare a fare altre esperienze, di prendere strade diverse, di riconsiderare la propria vocazione».

La preparazione comprende naturalmente la sfera teologica e pastorale, ma senza tralasciare la sfera umana e spirituale.

«Oggi i ragazzi entrano in seminario dopo i 20 anni - dice don Andrea - e hanno avuto negli anni precedenti un percorso identico a quello dei loro coetanei, comprese relazioni affettive. I seminaristi, così come i preti, sono uomini come tutti gli altri, con le loro debolezze e fragilità. Si parte dunque dalla conoscenza dei propri doni ma anche dei propri limiti per valutare se davvero questi giovani possano proseguire il cammino di donazione a Gesù nella Chiesa a servizio della nostra società».

«È compito del seminario verificare le qualità umane dei ragazzi - continua don Andrea - capire se sono capaci di amore gratuito e incondizionato, se sanno assumersi responsabilità e anche se sanno fare propria la scelta del celibato. L'aspetto affettivo e sessuale è parte integrante di ogni persona, e i seminaristi non fanno certo eccezione. È naturale quindi che questo aspetto venga verificato e affrontato. È previsto un accompagnamento garantito da due specialisti laici, tra i quali una donna. Eventuali difficoltà nella sfera affettiva, sessuale e relazionale in genere emergono durante il percorso di formazione perché c'è una grande attenzione a tutti questi aspetti». Gli scandali e le vicende di cronaca che coinvolgono i preti, dai casi di presunti abusi sessuali alla pedofilia, non restano mai fuori dalla porta del seminario. «Non esistono tabù - conferma don Andrea - Parliamo di tutti questi casi, preghiamo per i sacerdoti coinvolti, ci confrontiamo a livello personale e comunitario. Queste situazioni sono un'ulteriore spinta a garantire la più assoluta serietà nel percorso di formazione. Nessun aspetto viene tralasciato, anche perché le tentazioni e le provocazioni oggi sono maggiori e continue. In seminario viene ampiamente affrontato senza preconcetti anche il tema dell'omosessualità, una caratteristica che in molti casi è inconciliabile con l'ordinazione sacerdotale».

E il sacerdote che sbaglia'

«Come qualsiasi uomo il prete può sbagliare - conclude don Andrea Caelli - La chiesa come madre protegge chi sbaglia, ma questo non significa ignorare i problemi. Non commento casi di cronaca di cui non ho informazioni dirette, ma posso dire che in seminario c'è la massima serietà nel valutare eventuali fragilità che possono incidere sulla missione del sacerdote. E, in questi casi, la rinuncia all'ordinazione diventa inevitabile».

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