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martedì 8 luglio 2008

Rapine in banca per cambiare sesso.

(Dario Freccero - Il secolo XIX) Rapinava banche per cambiare sesso. Daniela Sapry Rodrigues Contreras, nata maschio in Perù nel 1973 e oggi donna dopo un’operazione che le ha permesso di cambiare sesso, faceva parte del commando che nel febbraio del 2002 rapinò la Carisa di Legino. Con lei (o lui, perché all’epoca era solo un’intenzione diventare Daniela e non più Rodrigues) c’era una simil armata Brancaleone da girarci un film. Patrizia Bandiera, palermitana di 49 anni, un’infinita scia di precedenti per furto e rapina; il figlio A. L., all’epoca addirittura minorenne; e poi Emanuele Cascino, 35 anni, oggi in carcere a Vercelli, fidanzato della brasiliana Daniela che aveva conosciuto da uomo, anni prima, a San Vittore.

I quattro erano la banda del cutter che dal Duemila in poi ha terrorizzato mezza Liguria e tre quarti del nord Italia con decine di rapine tutte uguali. Nell’elenco c’è finito anche il colpo di Legino e ieri due di loro - Patrizia Bandiera e Daniela Contreras - sono state processate a Savona.

Davanti al collegio è stato ascoltato Emanuele Cascino che faceva parte del commando ma ha già patteggiato la pena (sta scontando una lunga detenzione in carcere) ed è ora il principale accusatore dei suoi ex complici (collabora con la giustizia).

È stato lui, ieri, a ricostruire il colpo savonese. «Abbiamo rubato una Y10, poi siamo andati dalla banca anche con una Seat Arosa, due sono entrati nella filiale con il cutter, altri due, io e Daniela, siamo rimasti in auto. Poi la fuga. Il colpo ci è valso poco più di 50 mila euro. Erano soldi che all’epoca a me e a Daniela servivano per pagare l’operazione che lei poi ha fatto».

Il rapporto tra i due si è poi incrinato e oggi l’accusatore non risparmia neppure l’ex compagna peruviana. I due si erano conosciuti nel carcere milanese di San Vittore ed era sbocciato un amore quasi a prima vista. E una volta rilasciati, hanno messo insieme a suon di rapine la somma necessaria per l’operazione.

Rapine tutte pressoché identiche. I quattro (qualche volta erano cinque) si presentavano all’interno delle filiali sempre verso mezzogiorno, a volto scoperto e armati di taglierino. Intimavano ai cassieri di versare tutto il denaro della cassa e prima di uscire, per garantirsi la fuga, si facevano consegnare il documento di identità di uno degli impiegati, minacciando ritorsioni in caso di allarme. Andò così anche a Legino ma in uno dei fotogrammi si riconoscevano la madre e il figlio (che all’epoca dei fatti era appunto minorenne). Da qui l’incriminazione e ora il processo

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