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martedì 20 maggio 2008

La Carfagna e il gaypride. Giordano Bruno Guerri e i "Provocatori con la patente".

I Gay Pride potevano essere utili fino a trent’anni fa, quando gli omosessuali venivano guardati con sospetto, discriminati e a volte addirittura perseguitati. Oggi l’omosessualità è comunemente accettata e addirittura esibita. Non ha senso, dunque, sfoderare l’orgoglio gay in parate carnevalesche che sembrano – sono – fatte apposta per provocare. Le abbiamo viste, negli anni scorsi, con esibizioni di lustrini, tutù, scosciamenti e gran dispendio di sbaciucchi: sembrano la manifestazione di una comunità che vive con lutto il fatto di non dare più scandalo, e che lo vuole dare a ogni costo. Oltretutto rendono un’immagine falsata del mondo gay, che per lo più è composto da gente normale (e sottolineo normale), che vive o vorrebbe vivere normalmente.
Ma poi, che senso ha – se non provocatorio – chiedere il patrocinio del ministero per le Pari Opportunità? La pari opportunità di sfilare ce l’hanno già, e non occorre proprio nessun patrocinio: si tratta, ancora, di voler essere riconosciuti a tutti i costi come diversi, invece che come uguali. Mara Carfagna ha fatto bene a negare il patrocinio, aggiungendo di essere pronta a combattere le forme di discriminazione e violenza, a dare patrocini a seminari e convegni che si occupino di questi problemi.
Il ministro delle Pari Opportunità, però, ha aggiunto di non voler arrivare al riconoscimento ufficiale delle coppie omosessuali. So di entrare in un terreno minato, quindi sia chiaro che quanto segue è una mia opinione personale su un problema che deve essere discusso, non accantonato.
Il problema delle coppie di fatto va risolto. Ognuno deve essere libero di creare un’unione come meglio crede, e godere della tutela dello Stato, soprattutto di uno Stato liberale con un governo liberale: matrimonio o no. Le coppie omosessuali non sono, e non possono essere, uguali alle altre. Specialmente in un’istituzione come il matrimonio, tradizionalmente fondata sul diritto naturale. Ma questo non significa che non debbano venire tutelate civilmente. Non è giusto, eticamente e socialmente, che chi non vuole – o non può – legalizzare la propria unione di fronte allo Stato venga privato di alcuni diritti fondamentali: come quello di ricevere l’eredità dal convivente; o di poterlo assistere in ospedale in caso di malattia. E si noti bene che questi e altri gravi problemi riguardano molte più coppie eterosessuali che omosessuali.

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