“Si salvi chi può” sta insomma diventando il motto di molti ministri e primedonne del centrosinistra. Che, fiutata l’aria di fallimento che tira su Franco Marini e data per certa la sconfitta elettorale (tanto più se Walter Veltroni poterà il Pd in splendido isolamento alle urne), sono pronti a cercarsi altre poltrone sicure.
Francesco Rutelli non sarà certo Kurt Russell, ma in queste ore potrebbe sciogliere la riserva e pensare di fuggire, anzi tornare, sul più celebre dei sette colli di Roma: il Campidoglio. E l’attesa per la decisione di Rutelli (che a sua volta attenderebbe le dimissioni di Veltroni, che a sua volta aspetta la fine del tentativo Marini), coinvolge altri due ministri, il cui nome si fa per la corsa alla successione a Veltroni a Roma: il rutelliano Paolo Gentiloni e la veltroniana Giovanna Melandri. Se l’ex leader della Margherita non dovesse correre per la carica di sindaco di Roma, gli altri due sarebbero in pole position.
La capogruppo al Senato del Pd, la siciliana Anna Finocchiaro, pare stia seriamente valutando di andare a correre per la prestigiosa, quanto difficile, carica di presidente della Regione Siciliana dove, dopo l’addio di Totò Cuffaro, si voterà tra poche settimane (tra sabato e domenica Finocchiaro e Veltroni saranno insieme a Palermo per un’iniziativa politica). Stessa possibilità, ma con tempi diluiti e sull’altra isola, per il presidente dei deputati Pd, Antonello Soro, che potrebbe andare succedere al suo quasi omonimo Renato Soru in Sardegna.
Le voci di fuga da palazzo Chigi hanno investito tutti. Anche l’inquilino più importante: se è vero che Romano Prodi tornerà a Bologna a fare il nonno per sua stessa ammissione, c’è chi, tuttavia, parla in maniera assolutamente informale, di una sua possibile candidatura alle comunali a Bologna per il post Sergio Cofferati.
La ministro della Famiglia, Rosy Bindi, e quello della Difesa, Arturo Parisi, si contenderanno le poche briciole che Veltroni lascerà alla minoranza del Pd. Poco, ma dovranno farselo bastare, aspirando a guidare la corrente minoritaria dei democratici.
Meno problemi avranno tutti quei ministri che sono leader di partito. Il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, tornerà a guidare i Verdi a tempo pieno, mentre quello delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, l’Italia dei Valori o la nascente Cosa Bianca in cui si mormora potrebbe finire. Fabio Mussi, leader di Sinistra Democratica, non ha ascoltato le sirene di Veltroni che lo volevano far rientrare nel Pd perché vuole costruire la Cosa Rossa. E proprio la nuova aggregazione della sinistra radicale dovrebbe essere guidata dal ticket Fausto Bertinotti (che non vede l’ora di tornare alla politica attiva e che allo scioglimento delle Camere lascerà lo scranno più alto di Montecitorio) e Grazia Francescato, oggi deputata dei Verdi.
Restano fuori le due “menti fini” oggi agli Esteri e all’Interno: Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Baffino, che in questi anni si è ritagliato un ruolo da grande saggio e king maker del centrosinistra, mira a qualche anno di esilio per arrivare al 2013 in prima fila per salire al Quirinale. Mentre sull’ex delfino di Craxi basta riportare la voce che gira in Transatlantico: “Ad Amato hanno fatto, ancora una volta (come ai tempi dell’elezione di Napolitano al Quirinale), annusare la poltrona di premier. E ancora una volta dovrà aspettare”.
1 commento:
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