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giovedì 27 dicembre 2007

La nuova Dinasty. È «Dirty Sexy Money» fatto di scandali e vendette a resuscitare il genere soap.

Sta per arrivare in Italia la serie (su una potente famiglia di Manhattan)
che ha fatto impennare gli indici di ascolto Usa.

(Alessandra Farkas - Il Corriere della Sera) È lo show che, da solo, ha resuscitato il morente genere delle soap operas serali, dopo i tentativi — deludenti — di Titans, defunto dopo solo 11 episodi e The O.C., che ha chiuso i battenti al termine della quarta stagione. È Dirty Sexy Money, la nuova telenovela creata da Craig Wright che ha debuttato sul canale tv ABC il 26 settembre e in Italia verrà trasmessa a partire da gennaio su Fox. Con oltre 9 milioni di telespettatori, Dirty Sexy Money è stata definita dai critici l'erede legittima — ma più intelligente e drammatica — di Dallas e Dinasty, le fortunatissime serie degli anni 80 su due famiglie di petrolieri americani.

Il segreto? Da una parte il cast che vede due veterani di Hollywood come Donald Sutherland e Jill Clayburgh nei panni dei protagonisti Tripp e Letitia Darling, la coppia più ricca e potente di Manhattan. Il primo è il patriarca del clan, un uomo potente e persuasivo con vigneti e ville in tutto il mondo. La seconda, la sua aristocratica e infedele moglie — elegante, salottiera alla Jackie Kennedy Onassis — che gli ha dato 5 figli, di cui uno illegittimo. Stellare anche il resto del cast. A partire da Peter Krause ( Six Feet Under), l'avvocato idealista Nick George, che prende il posto del padre come legale di fiducia della facoltosa famiglia Darling, quando Bill Clinton rifiuta, ma indaga anche sulla misteriosa morte del genitore (per 40 anni amante di Letitia e padre segreto di uno dei cinque figli) precipitato con l'elicottero dei Darling senza che mai si sia ritrovato il corpo. Anche i cinque figli nascondono scheletri nell'armadio. Il primogenito Patrick (William Baldwin), candidato al Senato Usa, ha per amante un transessuale con cui tradisce la moglie. Karen (Natalie Zea) sta per convolare a nozze per la quarta volta con uno interessato solo ai soldi. Jeremy (Seth Gabel) è uno scansafatiche; Juliet (Samaire Armstrong), la più giovane, ha manie di celebrità. E il pastore protestante Brian (Glenn Fitzgerald) ha un figlio illegittimo che non vuole riconoscere.

Come i clan Kennedy e Rockefeller, cui si ispirano, anche i Tripp sono inseguiti dal glamour e dagli scandali. La sceneggiatura incalzante, drammatica e insieme comica, esplora dinamiche famigliari e sociali: l'infedeltà coniugale, il rapporto tra figli viziati e genitori assenti, l'impunità di cui gode chi è al potere. Ce n'è quanto basta per tenere il pubblico incollato alla poltrona per ore. Ed è esattamente ciò che sono riusciti a fare il regista Bryan Singer ( Dr. House) e il producer Greg Berlanti ( Brothers & Sisters). Ma la vera anima creativa dietro lo show è Craig Wright, il talentuoso produttore scappato di casa a 14 anni, dopo la morte della madre, e finito, dopo un'adolescenza da autostoppista attraverso il Midwest, in un seminario «dove metà degli studenti erano gay o lesbiche». «La mia esperienza personale è infusa nel personaggio di padre Brian», racconta Wright, che cita Pier Paolo Pasolini come il suo «grande maestro». La sfida, adesso, è vedere se Tripp Darling avrà tutte le carte in regola per occupare, nell'immaginario collettivo americano, il posto lasciato vuoto da JR Ewing e Blake Carrington. «I tempi non sembrerebbero propizi — mette in guardia un critico —. Il mercato immobiliare è in crisi, i timori di una recessione tengono in ostaggio Wall Street e per la prima volta nella storia la lista dei 400 uomini più ricchi del pianeta pubblicata da Forbes contiene solo miliardari e neppure un milionario». In altre parole: il divario tra ricchi e poveri non è mai stato tanto vasto.

Ma se la storia insegna, è proprio in tempo di crisi che l'ossessione della gente per i ricchi e famosi raggiunge l'apoteosi. Basta pensare che Dallas debuttò nel 1978, nel bel mezzo della crisi economica dell'amministrazione Carter. La vera sfida, secondo il Los Angeles Times, è un'altra. «Non è facile inventare, settimana dopo settimana, personaggi che possono superare sul set le malefatte commesse nella vita da certe pop star ed eredi di imperi alberghieri». La ABC è pronta a scommetterci e, nonostante lo sciopero degli sceneggiatori ancora in corso, ha commissionato altri 9 episodi da aggiungersi ai 13 previsti, portando così a 22 gli episodi della prima stagione di Dirty Sexy Money. È il primo show ad avere ricevuto il via libera nel bel mezzo dello sciopero.

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