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giovedì 1 novembre 2007

Festival dell'inchiesta/ Oliviero Beha presenta il suo film su Pasolini: "L'Italia di oggi non è diversa da quella che lui denunciava".

(Ivan Vadori - Affari Italiani) Al via il primo Festival dell’inchiesta giornalistica. Dopo il successo di Pordenonelegge.it, la cittadina friulana diventa la capitale di un festival che vuole affrontare le varietà di un genere d'informazione necessario e sempre più attuale, che spazia fra i vari mezzi di informazione, dal cinema alla televisione, dalla fotografia alla carta stampata, dalla radio ai nuovi media.
La manifestazione è particolarmente incentrata sulla rassegna cinematografica e sulle proiezioni di documentari d’inchiesta con una ricca programmazione per il pubblico.
Tra gli autorevoli relatori scorriamo nomi come Enrico Deaglio, Riccardo Iacona, Giulietto Chiesa, Giovanni Minoli, Marco Travaglio, Gianni Bisiach, Corradino Mineo e tanti altri.
I protagonisti del Festival sono autori che hanno fatto del giornalismo investigativo la propria scuola di pensiero. Ricerca della notizia con vera passione e senso etico. Oltre alle proiezioni, le cinque giornate proporranno incontri, dibattiti, conferenze, sessioni sulla storia dell’investigazione a mezzo stampa.

Da evidenziare la prima nazionale di “Volevoesserepasolini.com”, in scena giovedì 1° novembre al Teatro Verdi di Pordenone. Dello spettacolo è autore e protagonista il poliedrico giornalista Oliviero Beha.
“Con la mia commedia – racconta Beha ad Affari - intendo raccontare quello che è stato il genio di Pier Paolo Pasolini, la sua denuncia della società di 30 anni fa. Diversi aspetti politici e culturali del tempo non si discostano dalla situazione attuale dell’Italia.”

Qual è il tuo pensiero del nostro Paese oggi?
“Io metto in scena il mio malessere per una degenerazione che ha decisamente oltrepassato il concetto pasolininano di mutazione antropologica: allora lui lo trasfigurava poeticamente, oggi è la didascalia di ogni tipo di cronaca quotidiana”.

Perché hai scelto Pasolini?
“Ritengo che sia una dei più grandi intellettuali che il nostro paese possa vantare. Lui aveva visto giusto e lontano: questo ci accomuna. Ho una profonda ammirazione per la sua persona, per la sua forza di pensiero; ancora oggi è inaccettabile che il suo omicidio sia un caso irrisolto”.

Perché denunciare attraverso il teatro?
“Da sempre il teatro è umanamente il più profondo mezzo di comunicazione dell’uomo, è la fotocopia della vita stessa. Il teatro racconta il vero. Poi per me è anche una necessità: dire che Beha è censurato è un eufemismo. Io voglio solo raccontare con serietà i fatti come ho sempre fatto da giornalista, del resto sono il clandestino più noto in circolazione”.

Cosa ti aspetti di suscitare nello spettatore?
“Una maggiore attenzione per l’educazione delle generazioni future e un 'rigurgito' di dignità della vita umana”.

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