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mercoledì 11 giugno 2008

Censis: Immigrati, il sistema sociale è incapace d'includerli.

(Manuela Piemonte . Agenzia radicale) E’ stato presentato oggi, nell’ambito di un mese dedicato al sociale, il rapporto del Censis per la ricerca Il sociale non presidiato. Trenta pagine per fare il ritratto di una realtà sociale che il Censis definisce “indecifrabile e minacciosa”. Molti i punti che vengono affrontati, elaborando dati statistici di diversa provenienza: dal disagio degli adolescenti alla sanità inefficiente, dalla casa che non c’è fino all’immigrazione.
“Una netta maggioranza di italiani non ha assolutamente idea di quanti siano gli immigrati oggi in Italia”. La percezione dell’immigrazione è affidata all’intuito, alle impressioni e all’emozionalità. E intanto i dati confermano che i lavoratori immigrati di fatto superano il numero degli ingressi autorizzati, con un continuo bisogno di misure straordinarie per regolarizzare la situazione.

Anche il Censis, come già Amnesty International, punta il dito sul legame tra immigrazione e sicurezza, scrivendo che a livello istituzionale spicca la tendenza a sovrapporre problemi di ordine pubblico e gestione della presenza di stranieri, lasciando in secondo piano il contorto iter burocratico di competenze che riguardano “l’efficienza della macchina burocratica o ancora quello legato alla lunghezza dei tempi per attuare le procedure previste in materia di flussi di ingresso legati alle quote (in questo caso danneggiando anche gli aspiranti datori di lavoro)”. Sportelli unici per l’immigrazione, Questure, Direzioni provinciali del Lavoro, Centri per l’Impiego, Agenzia delle entrate, Rappresentanze diplomatiche e consolari del Ministero degli affari esteri: ogni ufficio ha i propri tempi di lavoro e non è sempre disponibile una rete di comunicazione efficiente tra tutti i passaggi delle pratiche.

Il Censis rileva, inoltre, una assenza sistematica di coordinamento tra gli uffici che provoca sovrapposizioni di competenze e rischia a lungo andare di generare molta confusione anche per gli addetti ai lavori. Questi dati, uniti a quelli sull’evoluzione demografica del paese, e al pressante problema dell’assistenza agli anziani, danno una misura di come sia stata possibile una rivoluzione dell’assistenza low cost agli anziani, scelta forzata per molte famiglie. I risultati di un’indagine di Eurobarometro, elaborati dal Censis, mostrano che il 53 per cento degli italiani è convinto che le normali strutture di residenza per persone non autosufficienti siano inadeguate e per questo molti preferiscono un’assistenza domiciliare.

Le bandati, magari in nero, sono anche il frutto di un “ vuoto della rete di copertura istituzionale e di una mancanza quasi sconcertante di programmazione”sull’invecchiamento della popolazione. Dal 2004 al 2007, la domanda di assistenza a domicilio è cresciuta ma è cresciuta anche l’offerta, e con un’aggravante: se nel 2004 gli iscritti all’Inps per lavoro domestico erano all’incirca 336 mila, tre anni dopo il numero di regolarizzati è sceso del 20,8%. Non si tratta di persone che hanno abbandonato l’Italia, ma più probabilmente di persone tornate semplicemente al lavoro in nero, cioè nel sommerso. Le stime calcolano che oggi le persone dedite a lavoro domestico sono circa 7-800 mila, “il cui lavoro, immaginando una retribuzione regolare e una formazione adeguata, vale annualmente oltre 10 miliardi di euro”. Il calo, però, fa parte di un calo più generale. Erano 646 mila gli stranieri regolarizzati nel 2002. Ma nel 2007 erano 505 mila, il 60% ha cambiato provincia di residenza per motivi di lavoro, altri 88 mila si sono sposati. E anche qui, la riduzione del 22 per cento di immigrati regolarizzati, sicuramente non usciti dall’Italia, indica che sono finiti nell’economia sommersa, a testimoniare la scarsa capacità del sistema sociale di includerli.

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