
L'appuntamento chiave saranno le elezioni europee del prossimo anno, previste a fine promavera. Rifondazione si presenterà da sola, non più con gli altri partiti della sinistra radicali nell'Arcobaleno, e la soglia minima per evitare il terremoto è il 4%. Un obiettivo molto ambizioso, stando almeno agli ultimi sondaggi. Un risultato inferiore scatenerebbe nuove liti all'interno del Prc, con la corrente di Vendola pronta a chiedere la testa di Ferrero - responsabile a quel punto di non aver risollevato il partito dopo il crollo del 13-14 aprile - e a sovvertire gli equilibri di potere interni.
La prima strada quindi sarà la battaglia interna per portare il presidente della Puglia alla segreteria, ma se il blitz dovesse fallire, nonostante un probabile ennesimo flop elettorale, l'unica soluzione sarebbe quella del divorzio. Una separazione dolorosa, una scissione che lascerebbe a Ferrero metà Rifondazione - alla ricerca di un accordo con i Comunisti Italiani - e che porterebbe l'altra parte, quella di Vendola, a creare una federazione con Sinistra Democratica e con i Verdi (i rapporti tra la Francescato e il Governatore pugliese sono molto buoni). Il punto finale sarebbe quello di un'intesa elettorale con il Partito Democratico, partendo dal dialogo con Massimo D'Alema.
Anzi - sottolineano con forza gli uomini di Vendola - la speranza è che a quel punto, tra circa dodici mesi, l'ex ministro degli Esteri abbia sostituito Walter Veltroni alla guida dei Democratici. Le strade dei due big del Prc sono quindi destinate a dividersi. Qualche mese di forzata convivenza, poi tutto esploderà dopo le Europee. Ed ecco perché Ferrero ha chiesto al presidente del Consiglio di non inserire alcun sbarramento nella riforma elettorale, proprio per evitare che una seconda clamorosa esclusione dal Parlamento (questa volta quello di Strasburgo-Bruxelles) renda ancora più difficile la competizione con Vendola.
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