
(Sergio Pent - L'Unità) Torna l’America oscura, appartata e selvatica di Daniel Woodrell. Tornano i suoi personaggi rancorosi, irrisolti e perdenti, incasellati quasi a forza in un angolo di territorio - i monti Ozark, nel Missouri - da cui sembra non riescano a staccarsi, se non con la violenza o la morte. Scrittore di frontiera per eccellenza - in buona, seppur variegata compagnia con McCarthy, Harrison, Burke e in parte Lansdale - Woodrell incarna lo spirito di un’America senza riflettori, dove i destini si vivono alla giornata e la distinzione tra ricchi e disadattati è netta, precisa, l’unica cesura in grado di decidere vittorie e sconfitte.
Disadattato lo è in assoluto Sammy Barlach, che nel corso di un’incursione notturna in una villa deserta della cittadina di West Table conosce i fratelli Merridow, la rossa diciannovenne Jamalee e lo splendido diciassettenne Jason. I Merridew sono anch’essi lì per caso a giocare ai ricchi, fanno parte della feccia del villaggio, vivono in una malconcia baracca di fianco a quella della loro madre Bev, fascinosa quarantenne puttana per mestiere e per indole. I ragazzi vorrebbero lasciare quel buco senza futuro, ma il destino è un gioco al ribasso, e i sogni sono quelli di entrare di notte nelle case dei ricchi o farsi cacciare a pedate dal country club locale. Jason combatte contro la sua natura gay e contro orde di donne del negozio di parrucchiere in cui lavora, che vorrebbero portarselo a letto; Jamalee combatte contro se stessa per diventare diversa da una madre che detesta e ammira in ugual misura.

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