
Il linguaggio cattolico, ormai assunto dai tre quarti della classe politica, non più solo dal centro destra, si è trasformato fino ad assumere toni tipicamente apocalittici: se passano le unioni civili si distruggerà la famiglia, se si privilegia la scienza alla religione diventeremo tutti disumani, la tecnologia è l'anticamera della catastrofe, se vince l'ateismo avremo milioni di morti, le ideologie sono scomparse, i mass media e le lobby massoniche controllano tutto, solo Dio e Bush vi salveranno, Zapatero porta la Spagna alla deriva, a Bruxelles sono tutti pedofili e così via.
Lo Stato cristiano, invece, conosce soltanto privilegi. Lasciamo stare i privilegi politici e finanziari nell'essere cristiano (con le maxifusioni le banche sono ormai tutte cattoliche) ai diversi livelli della gerarchia sociale ed ecclesiastica, che anche questi ci sono.
Qui si parla del privilegio di essere cristiano, appunto, o comunque di esserne vicino per mentalità o adesione politica (od opportunista). In esso, l'eterosessuale di stretta osservanza possiede il privilegio di essere tale e di essere considerato salvatore del mondo contro chi lo vuole "alla rovescia". Come eterosessuale ufficiale egli ha dei diritti -come per esempio l'accesso al paradiso - che i gay non hanno e non devono avere nemmeno se essenziali e fondamentali.
Perché un omosessuale che non abbandona il suo compagno è già un allievo di Satana. La forma più rigida del contrasto tra i gay e lo Stato è dunque il contrasto religioso: lo Stato cristiano non può, per sua essenza, emancipare gli omosessuali.
Lo Stato cristiano rispetto all'omosessuale può comportarsi soltanto da Stato cristiano, cioè secondo il suo sistema del privilegio, poiché esso permette l'isolamento dell'omosessuale dagli altri cittadini, facendogli però sentire l'oppressione tanto più severamente quanto più il gay si trova in contrasto rispetto alla religione dominante.
Al gay si contrappone la dichiarata cristianità dello Stato.
Roberto Schena
Nessun commento:
Posta un commento