
Pochi mesi fa questa ragazzina è stata lapidata senza pietà. L’elenco potrebbe allungarsi fino a diventare uno di quei rapporti che Amnesty “amnesy” International si dimentica spesso di pubblicizzare, non di compilare, quando c’è di mezzo il regime degli ayatollah. Che il 14 novembre è finito su tutte le prime pagine per la crudeltà delle dichiarazioni del proprio membro della commissione parlamentare sull’energia e capo delegazione in Inghilterra Mohsen Yayhavi. Yyahavi, infatti, ha detto al proprio interlocutore, il primo ministro inglese Gordon Brown, che ci sono ottime ragioni per impiccare e torturare gli omosessuali. Anzi: meglio impiccarli dopo averli torturati. E questo perché non si riproducono e danno scandalo, oltre che per il fatto che la pubblica attestazione di omosessualità è punita senza pietà dalla shariah coranica. Purtroppo queste parole in Iran raccontano fatti che continuano ad accadere e di cui in Europa ci accorgiamo raramente. Come quando, lo scorso settembre, scoppiò il caso della lesbica iraniana Pegah Emamabakhsh, costretta chiedere all’Inghilterra di non essere estradata a Teheran per evitare la stessa sorte di tutti gli altri omosessuali. E ce la fece per un soffio, visto che l’ottusa burocrazia giudiziaria britannica non voleva riconoscerla come vittima di persecuzione. E se non ci fosse stata la mobilitazione internazionale... chissà come sarebbe andata a finire.
Non è stata così fortunata, invece, la povera Fakhte Samadi, una donna impiccata lo scorso 17 ottobre per avere ucciso il pretendente marito, una sorta di padre-padrone di 80 anni che la violentava e la costringeva ad avere rapporti sessuali con lui, nonostante la donna non volesse neanche sposarlo. Lo stesso giorno che Fakhte veniva impiccata nel carcere di Evin, a farle compagnia c’erano altre dieci persone tra cui un ragazzo di diciotto anni. Cari europei, l’Iran oggi è questo. E non è un caso se gli esponenti in esilio della resistenza pregano ogni giorno che George W Bush si decida a rovesciare il regime degli ayatollah e di Ahmadinejad.
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